Siglato a Roma l'accordo di collaborazione con l'Anci per i prossimi 5 anni. Tra gli obiettivi, la creazione di un network delle qualità alimentari e un progetto sociale con opportunità di lavoro. (Il Corriere della Sera) Tutti i Comuni italiani si schierano al fianco di Milano, sede dell'Expo 2015. È quanto sancito dall'accordo di collaborazione per i prossimi 5 anni tra Anci e Comune di Milano, firmato oggi a Roma dal presidente dell'Anci e sindaco di Firenze Leonardo Domenici e dal sindaco di Milano Letizia Moratti. Tale protocollo mira a stabilire una piena collaborazione tra i 7 mila Comuni italiani che aderiscono all'Anci e la città di Milano, che ospiterà l'Esposizione universale. GLI OBIETTIVI - Ecco in sintesi gli obiettivi dell'accordo, illustrati dal presidente Domenici. Prima di tutto agevolare il processo di relazioni interistituzionali, al fine di semplificare le procedure, ridurre i tempi di esecuzione e migliorare i risultati. Inoltre, mettere al servizio di Expo 2015 il patrimonio di esperienze accumulato dall'Anci nella realizzazione di grandi eventi; moltiplicare l'effetto leva di Expo 2015 per l'insieme dei Comuni italiani, mettendo a sistema il grande patrimonio alimentare e di identità territoriale del nostro Paese. ALIMENTAZIONE E AMBIENTE - Le iniziative che vedranno l'Anci impegnata nell'ambito dell'Expo 2015 e che sono elencate nel protocollo d'intesa sono molte e all'insegna dell'universo dell'alimentazione e dell'ambiente, temi centrali dell'esposizione universale milanese. Tra le tante, la creazione di un «network delle qualità alimentari» per promuovere l'identità culturale ed eno-gastronomica dei nostri territori, puntando soprattutto sulla qualità. PROGETTO SOCIALE - L'Anci si impegna inoltre a promuovere «progetti di cooperazione decentrata» monitorati e coordinati da una sede istituita ad hoc, e a contribuire alla definizione del cosiddetto «Progetto sociale dell'Expo», un piano che mira al coinvolgimento nell'evento di migliaia di volontari e a fare di esso un'opportunità di lavoro per le persone svantaggiate. La collaborazione tra l'associazione dei Comuni italiani e la città di Milano prevede poi la partecipazione reciproca ai rispettivi appuntamenti annuali e un'azione concertata per tutto ciò che all'Expo gira intorno, dalla comunicazione internazionale alle relazioni istituzionali. MILLENNIUM GOALS - Il sindaco Moratti ha posto l'accento sull'impegno di tutti «per il raggiungimento di alcuni degli «Obiettivi di Sviluppo del Millennio» (Millennium Development Goals) fissati dalle Nazioni Unite con scadenza appunto nel 2015. Tra tutti, il sindaco di Milano ha sottolineato, definendolo «prioritario», ma anche «difficile da raggiungere», l'obiettivo di sradicare la fame e la povertà nel mondo. INDOTTO TURISTICO - Letizia Moratti ha poi evidenziato come l'Expo rappresenti «un'occasione di sviluppo economico e del turismo per il nostro Paese». «La Camera di Commercio di Monza - ha detto la Moratti - ha stimato che l'Esposizione Universale, un evento che durerà sei mesi e per il quale sono previsti 14 miliardi di euro di investimenti, dovrebbe produrre 44 miliardi di fatturato aggiuntivo». Le previsioni sull'indotto turistico che l'Expo sarà in grado di attivare su tutto il territorio italiano vedono al primo posto Roma, con 540 milioni; seguono Venezia con 421, Firenze con 223, Napoli con 114 e Verona con 136.
(Sfera pubblica) La gioia per l’assegnazione dell’Expo 2015 si è ovviamente assopita per lasciare spazio alla fase esecutiva, che prevede l’organizzazione concreta dell’Expo 2015 a Milano. Sotto il profilo dell’immagine del capoluogo lombardo, comunque, la vittoria sull’altra candidata (Smirne) ha rappresentato un importante riconoscimento internazionale, accresciuto dagli attestati di stima giunti da prestigiosi esponenti della politica mondiale, come il Premio Nobel Al Gore.
Tema. Le esposizioni universali sono incentrate su uno specifico argomento, per il quale vengono allestiti i padiglioni, visitati dalle delegazioni di tutti i Paesi nel corso della manifestazione. Milano ha scelto un tema che finisce per diventare uno slogan perfetto: “Feeding the planet, energy for life”, ossia nutrire il pianeta, energia per la vita. L’intenzione è di veicolare un forte messaggio ecosostenibile, partendo dalla produzione di alimenti nel rispetto del sistema ambientale. Peraltro la città meneghina si trasforma in un simbolo della sfida per il futuro: la capitale dell’economia italiana, che forgia la sua capacità produttiva sull’industria, vuole fornire una nuova immagine, meno caliginosa e decisamente più verde.
Coinvolgimento. Il logo e l’inno ufficiale saranno presentati nel 2010. Tuttavia, il marchio prescelto per la candidatura di Milano all’Expo 2015 indica la strategia comunicativa preferita dagli organizzare: il claim “Io Expo... e tu?” punta con chiarezza sulla volontà di coinvolgimento dei cittadini. Peraltro, qualsiasi progetto di sostenibilità deve partire da una campagna di sensibilizzazione delle persone comuni, affinché le amministrazioni possano avviare percorsi ambientalisti, che talvolta comportano delle modifiche allo stile di vita quotidiano. Insomma, la comunicazione dell’Expo milanese segue una tecnica “unificante” per far sentire tutti protagonisti attivi nella battaglia per “nutrire il pianeta”.
Spunta un buco nella copertura finanziaria di 10 opere su 17. Venerdì il dossier sul tavolo del Presidente del Consiglio. (Cronaca qui) Un giorno, due ministri e una città. Milano sembra tornata di colpo al centro degli interessi nazionali dopo l’interludio del cambio di governo. Dopo Roberto Maroni per la partita sulla sicurezza, ieri in città sono arrivati contemporaneamente il ministro dei Trasporti Altero Matteoli e quello di Grazia e Giustizia Angelino Alfano. Hanno incontrato le massime istituzioni locali: il sindaco Moratti e i presidenti Formigoni e Penati. Matteoli a esprimere l’impegno dell’esecutivo sul fronte di Expo 2015 nel campo delle opere, Alfano per imprimere nuova linfa la progetto della Cittadella della Giustizia su cui Milano scommette proprio per l’anno dell’esposizione.
PARTITA DOPPIA Due partite delicatissime e cruciali per il futuro di Milano che non sono esenti da rischi. Sul fronte delle infrastrutture, ad esempio, si è appreso ieri che l’80% delle opere previste nel dossier presentato al Governo hanno già una copertura finanziaria essendo parte del più ampio dossier-Lombardia da tempo al centro di finanziamenti nazionali. Ma c’è un 20% di opere infrastrutturali connesse che hanno un costo superiore alla stima preliminare. Si tratta di 10 su 17 opere tra viarie, ferroviarie e metropolitane elencate in ordine di priorità e finanziate dalla Legge Obiettivo. Riguardano l'accessibilità diretta al sito dell'Expo dalla città, dalle autostrade e da Malpensa, ma sono anche quelle, come Brebemi, Tem e Pedemontana, che contribuiscono ad alleggerire il traffico d'ingresso in città. Nel dossier si ipotizzava un investimento di 10,100 miliardi di euro. Ne occorrono invece 11,390. Mancano all’appello risorse per 2 miliardi e mezzo. «Venerdì mattina al Cipem il sottosegretario Castelli porterà una informativa per le opere necessarie per Expo. È un passo avanti, si accende il motore e al prossimo giro spero si possa portare un progetto di massima per il finanziamento», ha assicurato il ministro per le Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli.
LE PRIORITA’ Dalla riunione di ieri sono emerse anche le priorità per Milano e per l’Expo. Oltre alle 17 opere elencate, sono state inserite come urgenti tutte quelle che riguardano l'accessibilità diretta al sito dell'Expo dalla città, dalle autostrade e da Malpensa, ma sono anche quelle, come Brebemi, Tem e Pedemontana,
TRASPORTO PUBBLICO Non marginale anche il tema del pendolarismo lombardo. «Oggi abbiamo segnalato a Matteoli quanto sia in grave sofferenza il trasporto per i pendolari in Lombardia», ha spiegato l'assessore Raffaele Cattaneo. «Le nuove inaugurazioni di questi ultimi giorni come il passante di Rogoredo, ma anche il raddoppio della Carnate-Airuno - sottolinea Cattaneo - consentono il potenziamento del trasporto su ferro, ma hanno bisogno dello scioglimento del nodo delle risorse e delle regole». Anche su questo, ha precisato Formigoni, «il ministro si è impegnato ad aprire un tavolo con le Regioni alla ripresa autunnale dei lavori».
(Cronaca qui) Forse hanno ragione i sindacati quando affermano che si parla troppo di Expo e troppo poco della crisi industriale che è piombata sul Milanese. Di fronte al grande evento del 2015 le istituzioni sembrano più impegnate ad affrontare i problemi di lungo periodo che quelli ormai dietro l’angolo, dei quali già ora le imprese e i lavoratori avvertono i morsi.
Già, i denti acuminati della crisi per ora mordono, ma da settembre potrebbero cominciare ad affondare nella carne del tessuto produttivo, strappando alle aziende risorse e competitività, che sono tutto per poter restare sul mercato. In piena estate la situazione è la seguente: 107 imprese praticamente in ginocchio, 2.500 operai a rischio, raddoppio della cassaintegrazione. La macchina industriale milanese si sta inceppando e non pompa più come un tempo.
Questa è la realtà, e a sottovalutarla, magari facendosi distrarre dalle sirene dei grandi eventi, si commetterebbe un errore madornale. Perché, a meno di un miracolo, in autunno cominceremo a contare le vittime, tra le imprese costrette a chiudere e i lavoratori licenziati o congelati nel freezer degli ammortizzatori sociali. Non dimentichiamo che dietro i freddi numeri della crisi ci sono i volti delle famiglie. Quelle che campano di lavoro vero per mandare i figli a scuola e assicurare loro un avvenire. Quelle che fanno la spesa calcolando anche i centesimi per non sforare il budget e si possono permettere una vacanza di qualche giorno magari senza ombrellone e lettino sulla spiaggia.
Queste famiglie, già ora massacrate dal carovita, rischiano grosso. Insomma, la crisi dovrebbe essere affrontata a viso aperto a partire da questi giorni. Invece, l’impressione è che si stia prendendo tempo, per poi intervenire, come spesso capita in questo Paese, quando le cose sono ormai precipitate nel baratro.
L’emergenza lavoro è appena cominciata, ma sempre di emergenza si tratta, se è vero - e lo è - che coinvolge imprese tradizionalmente sane come quelle milanesi e lombarde. Forse sarebbe meglio sedersi attorno a un tavolo. Che non sia, però, quello da poker.
Il ministro Matteoli: «Bene la Lombardia, corre tutta dalla stessa parte». In autunno governo e Regione Lombardia firmeranno un'intesa sulle opere da realizzare. In lista anche la provinciale Rho-Monza. (Il Corriere della Sera) Governo e Regione Lombardia in autunno firmeranno un'intesa sulle opere da realizzare. Il governatore Roberto Formigoni ha dato l'annuncio oggi, a conclusione dell'incontro con il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli. Alla riunione hanno partecipato il sindaco Letizia Moratti, il presidente della Provincia Filippo Penati, il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Castelli, nonché il presidente di Anas Pietro Ciucci e l'amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti. A Matteoli, la Regione ha confermato un dossier che fotografa lo stato dei lavori: 106 schede con il dettaglio dei progetti, dei costi, dell'apertura dei cantieri.
FIRMA IN AUTUNNO - «Il risultato concreto che portiamo a casa oggi - ha spiegato Formigoni - è l'impegno che il governo ha assunto di andare in autunno alla sottoscrizione di un'intesa generale quadro fra il Ministero e Regione Lombardia per dettagliare tempi di realizzazione e impegni di ciascuno». Sono tre gli argomenti trattati durante l'incontro di oggi: le opere connesse all'Expo, il trasporto pubblico locale e le opere prioritarie per la Regione. Dalle oltre tre ore di confronto e consultazioni è uscita una lista di 17 opere connesse all'Expo (quelle cioè che non riguardano il sito, ma lo mettono in collegamento con la città e le reti che la attraversano e servono) elencate con un ordine di priorità, pronta per essere inoltrata alla prima riunione del Cipem, prevista per venerdì. L'atteggiamento delle amministrazioni locali è piaciuto al ministro Matteoli, che non ha mancato di rilevare di aver «trovato una regione che corre tutta dalla stessa parte» e che «si muove nel modo giusto».
LINEA M4 E PROVINCIALE 47 - Per Letizia Moratti, l'incontro è stato «molto positivo» e ha permesso di ordinare gli interventi infrastrutturali in vista dell'Expo 2015 secondo un criterio di priorità. Al primo posto figura il triplicamento della linea Rho-Gallarate, seguito dalla nuova linea metropolitana M4 Policlinico-Linate e dalla Strada Provinciale 47 Rho-Monza. A seguire tutte le altre, per un totale di 17 opere connesse già previste dal dossier Expo per le quali è stato calcolato un costo di oltre 11 miliardi di euro. «È stato un incontro molto positivo e operativo - ha detto Letizia Moratti - che addirittura anticipa la riunione Cipem, perché con il ministro Matteoli e con il presidente Formigoni abbiamo condiviso le priorità delle opere connesse, cioè di quelle opere che non riguardano direttamente il sito Expo ma che hanno la caratteristica di collegarlo con la città, le reti viaria e ferroviaria intorno alla città e l'aeroporto».
(02blog) Paolo Glisenti, l’uomo da 4 miliardi di euro, il Creso che gestirà gli appalti per l’Expo del 2015, viene dipinto oggi su Repubblica come una specie di Cardinale Richelieu alla corte di Donna Letizia. E oltre ad un ritratto affidato ad alcuni insider che lo definiscono come permalosissimo, intelligente e dalla sfrenata ambizione, vengono fuori alcuni dettagli che noi vi avevamo raccontato in passato, e qualche novità che ignoravo.
Come la vicenda del buco Carolco-RCS Video. Vediamo se il primo di questi due nomi vi dice qualcosa. Si, ve lo dice, ma non realizzate bene cosa. La Carolco era una casa cinematografica americana che aveva sfornato capolavori come Rambo I e II, Terminator, Atto di Forza e Angel Heart. A un certo punto a metà anni novanta la Carolco va in bancarotta: le nuove generazioni non verranno più plagiate subliminalmente dal loghino che vedete qui in alto.
E Glisenti in tutto questo che c’entra? C’entra, perchè al tempo lui è in RCS Video, e insieme a Luca di Montezemolo opta per acquistare quote sempre più alte della Carolco. Risultato: un buco finale di 350 miliardi di lire nelle casse di via Rizzoli. Ma il pasticcetto con la Carolco non lo ferma: e si prosegue.
Fino ai tempi di Stream, ricordate la fallimentare pay tv di qualche anno fa? Bene: siamo nel 1999 e Paolo Glisenti e Letizia Moratti - al tempo consulente di Rupert Murdoch - riescono ad organizzare un meeting romano tra il tycoon austrialiano e Romano Prodi, e poi a indirizzare al meglio gli acquirenti francesi di Vivendi.
Gran finale, pochi mesi fa, le intercettazioni in cui Letizia Moratti si lamenta con Saccà, per la vicenda del provino di Eliana Miglio, la moglie dell’uomo da quattro miliardi di euro. In sintesi secondo il quotidiano di Scalfari: un personaggio capace di restare a galla malgrado qualche insuccesso, e capace di tessere una serie di relazioni fondamentali in certi ambienti. Speriamo riesca a sfruttarle al meglio per l’Expo.
L'esposizione internazionale dell'acqua in corso in Spagna è l'inizio di un progetto di sviluppo sostenibile che cerca di integrarsi nel territorio. Centosette Paesi presenti e nessuno spreco concesso.
(Cafèbabel) All'inizio del Ventunesimo secolo, l'acqua sporca provoca ancora morti ogni giorno, aggiudicandosi così il secondo posto tra le cause di decesso infantile. L'Esposizione Internazionale che è in corso a Saragozza (dal 14 Giugno al 14 Settembre 2008), è incentrata sull'importanza di questo elemento e sullo sviluppo sostenibile. Tutta la sua costruzione e successiva riutilizzazione sono state pensate per dimostrare che un'alternativa concreta al consumo irresponsabile è possibile. L'evento si svolge nella zona di Ranillas, in un recinto di 120 ettari sulla riva dell'Ebro, uno dei fiumi con maggior portata della Spagna. Lo scopo di questa scelta? Riallacciare i legami tra la città e la sua periferia, ma in equilibrio con l'ambiente. Tutte le attività, le attrezzature e i servizi organizzati nell'ambito di questa manifestazione hanno un'unica protagonista: l'acqua.
L'esempio di Siviglia Secondo il Bureau International des Expositions (Bie) con sede a Parigi, Siviglia è la città che meglio e più in fretta ha saputo riutilizzare le strutture di un'Esposizione Universale. Al contrario, a Montreal (Canada), trent'anni dopo l'Esposizione ci si chiede ancora come utilizzare le infrastrutture create; ad Hannover (Germania), la decisione di dare un uso definitivo alle installazioni dell'Esposizione ha portato ad una crisi politica, mentre a Lisbona si è voluto optare per un riutilizzo quasi totalmente di tipo residenziale. Siviglia, in soli 16 anni, è riuscita a convertire l'isola della Cartuja, ovvero il territorio della Expo 92, in un parco scientifico e tecnologico. Tuttavia, non mancano le critiche: le lamentele e la mancanza d'intuizione da parte delle diverse entità pubbliche e private hanno provocato perdite importanti all'epoca dei primi lavori. Inoltre, i padiglioni furono venduti, affittati o distrutti senza seguire un filo estetico conduttore.
Equo e solidale Il padiglione del Marocco, costruito per l'expo universale di Siviglia, è oggi la sede dell'associazione Las tres culturas. La capitale Aragonese, Saragozza, imparando dagli errori altrui, non vuole lasciare che passi troppo tempo prima di decidere sul futuro delle strutture della sua Esposizione. Come? Con una decisa filosofia anti-spreco. Saragozza aveva già progettato, prima ancora della costruzione di installazioni e padiglioni, un piano che prevede fino alla riutilizzazione degli addobbi delle facciate per le zone verdi del futuro parco imprenditoriale. In questo modo, ogni vicolo, fontana e giardino, farà onore al tema di questa Esposizione: lo sviluppo sostenibile. Centosette Paesi saranno rappresentati da altrettanti padiglioni, progettati per essere convertiti in quello che sarà il parco imprenditoriale più importante e moderno d'Europa. Si sta esaminando la possibilità, sebbene non ancora confermata, che la sede centrale degli uffici dell'Esposizione diventi la sede ufficiale delle Nazioni Unite per lo sviluppo del progetto "Il decennio dell'acqua".
Ma non è solo l'architettura ad votarsi allo sviluppo sostenibile: oggetti quotidiani come lo zucchero e il caffè provengono dal commercio equosolidale, le posate sono biodegradabili e alcuni materiali, come ad esempio le borse, sono costruiti con fecola di patate. La Jones Lang LaSalle e la King Sturge sono le agenzie internazionali incaricate di gestire in esclusiva la successiva vendita o affitto degli edifici costruiti per l'evento. Secondo fonti di entrambe le compagnie, «abbiamo accettato la sfida di commercializzare la fase post-Esposizione con l'obiettivo di dare continuità ad uno dei progetti più importanti della città di Saragozza» che, proprio come ha dichiarato l'organizzazione, non deve concludersi nel Settembre del 2008.
(Nicole Cavazzuti - Affari italiani) Mentre Milano festeggia la fresca conquista dell'Expo 2015, Saragozza si prepara ad aprire i cancelli, fra poco più di un mese, dell'edizione 2008. Che ha letteralmente cambiato il volto del tranquillo capoluogo dell'Aragona (poco più di 667mila abitanti) e ha determinato la riqualificazione delle sponde del fiume Ebro.
E mentre nella metropoli lombarda si parla del rilancio della navigazione sui Navigli, c'è da augurarsi che i tecnici inviati da Letizia Moratti studino attentamente il "modello Saragozza" in vista dell'inizio dei lavori per l'Esposizione del 2015. A proposito di acqua, si chiama Fluvi la mascotte ufficiale di Expo Zaragoza 2008. Il nome non inganna: si tratta di una goccia d’acqua, disegnata dal professor Sergi López, simbolo di trasparenza e di fluidità. E non c’è da stupirsi: la manifestazione internazionale in programma dal 14 giugno al 14 settembre 2008 sarà tutta incentrata sull’acqua e sullo sviluppo sostenibile. Così come quella che ospiterà Milano nel 2015 sarà dedicata all'alimentazione.
Ma torniamo all'Expo spagnola, per la cui inaugurazione è ormai tutto pronto. Siamo nel meandro di Ranillas, nella parte occidentale della città a due chilometri e mezzo dal centro storico, una zona circondata dal fiume Ebro, a lungo abbandonata. È qui che dopo intensi lavori di bonifica è stato costruito il recinto dell’Esposizione, disposto su oltre 140 ettari di superficie e organizzato in tre aree.
Quella centrale (25 ettari), tra la Ronda del Rabal e il fiume Ebro, ospita il Palazzo dei Congressi, l’Acquario fluviale (permanente) e i vari padiglioni, tra cui quello destinato ai Paesi internazionali, diviso in otto macro aree. Per un viaggio sensoriale tra Isole e coste, Oasi, Ghiaccio e neve, Grandi fiumi e pianure fluviali, Boschi temperati, Selve tropicali, Montagne e altipiani, Praterie, steppe e savane.
Intorno all’area centrale c’è il Parco Metropolitano dell’Acqua (125 ettari), attrezzato con centro termale, campo da golf, spiaggia e canali per praticare canoa, rafting, torrentismo. Mentre a collegare simbolicamente il Parco al Recinto ci pensa la Torre dell’Acqua, ben 73 metri, tutta in vetro su una base a forma di goccia d’acqua, sede dell'esposizione centrale dell'Expo “Acqua per la vita”, realizzata per comprendere l'importanza dell'acqua e il suo rapporto con l'uomo. Imboccando il ponte-padiglione progettato da Zaha Hadid eccoti sulla sponda destra: di fronte a te c’è la Stazione Ferroviaria Intermodale Delicias.
Il conto alla rovescia sta per cominciare: saranno più di 3.400 le iniziative concentrate nei 93 giorni della manifestazione. E non ci saranno solo dibattiti e conferenze ma anche sfilate di carri, spettacoli di danza e di teatro, concerti di musica (il biglietto giornaliero costa 35 euro, ma ci sono i carnet per 3 giorni a 70 euro; www.expozaragoza2008.es).
E dopo l’Expo? Il recinto verrà trasformato in un parco culturale e scientifico dove convivranno le installazioni sportive dell’adiacente parco naturale e i padiglioni convertiti in uffici; mentre il Palazzo dei Congressi continuerà invece a essere usato come centro per convegni. Ma il progetto più ambizioso riguarda l’Ebro, che forse tornerà ad essere navigabile: “Nell’ambito degli obiettivi di promozione delle acque e dello sviluppo sostenibile è stato proposto di ripristinare la navigabilità del fiume Ebro”, ha promesso la parlamentare del PSE Inés Ayala Sender. E le premesse ci sono tutte.
"Costruiremo un centro di produzione nei padiglioni dell'Expo. La Rai deve essere il broadcaster di tutta la manifestazione". Giovanna Bianchi Clerici, consigliere Rai in quota Lega Nord (per la quale la riconferma sembra scontata), intervistata da Affaritaliani.it, spiega nel dettaglio quale sarà il futuro dell'azienda nel capoluogo meneghino. E annuncia: "Il nuovo Governo avrà una sensibilità per il Nord che negli ultimi due anni è mancata".
La vittoria dell'Expo, il nuovo governo (con tanta Lega dentro). Che cosa cambierà per la Rai? L'Expo è un appuntamento fondamentale: arriveranno finanziamenti agevolati e nuove progettualità. E' importante, in questo contesto, che la Rai riesca ad essere il broadcaster internazionale che farà da service per tutte le televisioni e i mezzi di comunicazione che seguiranno l'evento Expo. Partendo da questa strategia di base, l'idea è di essere insediati in uno dei padiglioni che saranno costruiti per l'Expo. Durante lo svolgimento sarebbe il centro dei mass media, una volta conclusa la manifestazione, potrebbe diventare il nuovo centro di produzione Rai di Milano.
E per la storica sede di Corso Sempione? Le due cose non si escludono. E' già in corso un progetto di ristrutturazione e ammodernamento. Tra l'altro la sede di Corso Sempione ha il vantaggio di essere nel cuore della città, oltre che nel cuore dei giornalisti. E' un palazzo storico nel quale si potrà andare avanti ad operare come si fa oggi. La nuova sede dell'Expo diventerà invece il luogo degli studi per le grandi produzioni che attualmente Rai sta facendo in via Mecenate, in particolar modo di RaiDue, come l'Isola dei Famosi, X Factor, Quelli che il calcio. Via Mecenate è una bella sede, ma non è di proprietà della Rai.
Si continua a parlare con insistenza di uno spostamento di RaiDue a Milano. E' una cosa che dovrà valutare il prossimo Cda. Non sarebbe strano: RaiDue ha già il 70 percento delle produzioni a Milano. Uno spostamento realizzato negli ultimi tre anni, senza penalizzare gli studi di Roma che sono al limite del sovraffollamento. Dopodiché decidere di spostare del tutto la direzione della rete è una valutazione che farà il prossimo Cda.
Insomma, è una buona idea... Sì, certo, ma non fossilizziamoci. Ci sono anche altre possibilità Si tratta di valutare quali sono le esigenze aziendali. L'importante è avere a Milano un nuovo centro di produzione perché così non si può andare avanti. E, ancor più importante, è che la Rai abbia "un po' di testa" anche nel capoluogo milanese e non solo, come tradizionalmente l'ha sempre avuta, nella Capitale.
Assimpredil scrive al sindaco: gli appalti non vadano solo ai grandi gruppi.La replica da Palazzo Marino: "Trasparenza e partecipazione più ampia possibile". "Le imprese devono essere selezionate, chiediamo che l´indotto resti nel territorio". (Luca Pagni - La Repubblica, edizione di Milano) Expo, la luna di miele è finita. Archiviati i festeggiamenti per la volata vinta contro i turchi di Smirne che hanno visto assegnare a Milano la manifestazione del 2015, è già tempo di scelte concrete nonché delle prime polemiche. Perché se è vero che mancano ancora sette anni all´evento, sarà nei prossimi mesi che si deciderà chi e come gestirà gli oltre 15 miliardi che saranno necessari per realizzare le opere dell´Expo, grandi infrastrutture comprese. Non è un caso, allora, che i primi a muovere siano gli imprenditori del settore edile e delle costruzioni. E lo hanno fatto rivolgendosi a chi, nei prossimi giorni, andrà a Roma per chiedere al neopremier Silvio Berlusconi, poteri straordinari. Così, sul tavolo del sindaco Letizia Moratti è arrivata una lettera firmata da Claudio De Albertis, figura di riferimento del settore e presidente di Assimpredil, l´associazione di categoria. Una lettera in cui di fatto i costruttori chiedono una sorta di federalismo degli appalti, in modo che i fondi miliardari siano destinati almeno in parte alle imprese locali. E che non finiscano soltanto per finire nelle casse dei grandi gruppi, sia nazionali che internazionali. Una lettera cui Moratti non ha ancora risposto. Anche se, indirettamente, una replica è arrivata ieri quando il sindaco, interpellata sulla società in via di definizione che governerà l´Expo, ha commentato: «Se sarà un´agenzia o una società, l´importante è creare un modello che, con procedure che garantiscono la massima trasparenza e la partecipazione più ampia possibile, sia in grado di realizzare tutto in tempi certi». Una risposta che, di sicuro, non soddisferà i costruttori. Preoccupati, soprattutto, che i lavori non vengano assegnati soltanto in base alle dimensioni delle aziende o al massimo ribasso. De Albertis chiede, infatti, che si tenga conto della struttura delle società del settore: le prime 20 aziende dell´industria delle costruzioni milanesi, con l´esclusione di Impregilo, hanno fatturato mediamente 175 milioni di euro nel 2006. La loro solidità patrimoniale, però, consente di dare maggiori garanzie sui lavori. Oltre ad assicurare una maggior trasparenza sulla composizione societaria, evitando tra l´altro infiltrazioni della malavita. Ma come prima cosa, De Albertis chiede che una parte dei finanziamenti miliardari serva per il rilancio dell´economia locale: «Come milanese - si legge nella lettera - auspico che l´indotto generato dall´aumento dei redditi e dei consumi sia una ricchezza investita nel territorio. Se saranno poste le condizioni per valorizzare le competenze delle nostre imprese saremo in grado di crescere e di porci come sistema di eccellenza del paese recuperando anche una maggiore capacità di penetrazione competitiva nei mercati internazionali». Assimpredil si pone anche il problema di come rispettare i tempi dei lavori. Condizione essenziale per non fallire l´appuntamento di fronte al resto del mondo. Da qui la richiesta di porre come obbligo per chi si aggiudicherà le gare per i lavori legati all´Expo di una "adeguata" garanzia finanziaria: «Auspico che i meccanismi di gara stringenti imponendo condizioni di accesso ai bandi che pongano una selezione a monte delle imprese in grado di garantire il risultato. Mi riferisco, ad esempio, all´introduzione di una adeguata fidejussione a garanzia dell´ultimazione dell´opera entro i termini». Infine, la richiesta forse più delicata, ma considerata essenziale da De Albertis per «conoscere con grande trasparenza la situazione di regolarità delle imprese». Che cosa chiede la lettera di Assimpredil? «È necessario che sia previsto un obbligo per tutte le imprese che lavoreranno nei cantieri dell´Expo di iscrizione fin dal primo giorno» alla Cassa edile della provincia di Milano, dove già sono iscritte oltre 10mila società per 60mila addetti, il cui «sistema informatico permette di conoscere con grande trasparenza la situazione di regolarità di ogni impresa».
Arrivano dal Nordafrica, ma soprattutto dall'Albania e dalla Romania gli operai che stanno costruendo la Milano dell'Expo 2015. E molti si stanno mettendo in proprio, fondando piccole imprese edili per fuggire dal lavoro nero. "Recentemente il settore dell'edilizia ha subito una forte trasformazione verso l'autoimpiego -spiega Laura Zanfrini, docente di sociologia delle migrazioni dell'università Cattolica- A causa delle mancate assunzioni, sempre più operai stranieri si mettono in proprio fondando piccole imprese edili". È quanto emerge dall'inchiesta del mensile Terre di Mezzo del mese di maggio (www.terre.it).
"Sono circa 15mila mila i cantieri aperti a Milano e provincia, e vi lavorano 70mila manovali in regola -dice Francesco Aresu del sindacato edili Fillea Cgil-: nel 2000 la percentuale di extracomunitari si aggirava intorno al 25 per cento; oggi, invece, si attesta al 40 per cento”. Ma in alcuni casi le percentuali sono molto più elevate: al cantiere della Metro 5, su 200 operai, nove su dieci sono stranieri. Anche buona parte dei 300 "uomini ragno" che stanno costruendo il nuovo Pirellone viene da Capo Verde, dalla Tunisia e dal Marocco, hanno un contratto in regola, una busta paga da 1.600 euro al mese (in media), casco e scarponi.
L'Expo è un evento che alimenta le speranze di chi cerca lavoro. Come Tonino, che si è affacciato alla guardiola di via Gioia (dove sorgerà la nuova sede della Regione Lombardia Ndr): "I giornali parlavano di un boom dei cantieri a Milano. Qui avete posto?". Ma la manifestazione fieristica suscita anche qualche perplessità. Enrico Prevedello, docente di Pianificazione delle infrastrutture al Politecnico di Milano teme che l'Expo possa tradire le attese di molti: "Pensiamo ai Mondiali '90 -dice- in eredità ci hanno lasciato alberghi mai completati. La città ha bisogno soprattutto di verde urbano".
Un accordo di cooperazione tra il Governo della Bielorussia e la citta' di Milano incentrato sullo sviluppo economico, la ricerca scientifica e la cultura, simile a quello gia' stipulato dalla Bielorussia con Mosca e San Pietroburgo. Ne ha parlato questa mattina il Sindaco Letizia Moratti alla presenza del vice Primo Ministro della Bielorussia Andrej Kobiakov e del Presidente di Assolombarda e vice Presidente della Camera di Commercio Diana Bracco, al seminario: 'Le giornate dell'economia della Bielorussia a Milano', organizzato da Promos e Assolombarda a Palazzo Giureconsulti.
"Continuiamo a rafforzare le relazioni e collaborazioni intraprese nei mesi scorsi nel percorso dell'Expo" ha osservato il sindaco, sottolinenando che "l'Expo 2015 potra' essere un importante strumento di collaborazione. L'incontro di oggi e' un momento importante per sviluppare le relazioni tra la Repubblica di Belarus e Milano. Un ambito che abbiamo individuato come essenziale per lo sviluppo dei rapporti bilaterali - ha concluso il Sindaco - e' quello della collaborazione scientifica. E' un settore fondamentale: la ricerca, l'impiego delle nuove tecnologie, gli scambi universitari sono la base per uno sviluppo durevole, che punta soprattutto alla promozione del capitale umano".
Parlando dell'accordo tra la Bielorussia e la Citta' di Milano, il vicepremier bielorusso Kobiakov ha spiegato: "Daremo vita a un consiglio a cui parteciperanno membri del governo e rappresentanti del Comune di Milano. Il compito sara' quello di stipulare un programma di lavoro in una prospettiva di medio raggio e ogni anno i progetti di intervento saranno valutati e implementati con quelli dell'anno successivo. Questo accordo e' per noi una grande opportunita' per esplorare nuovi mercati comuni e offrire nuove chance alle nostre imprese".
E' complesso e articolato l'organigramma che reggerà le operazioni dell'Expo2015 e vedrà l'impegno, anche doppio, di moltissime personalità politiche della vita milanese.
L'amministrazione sarà nelle mani di Paolo Glisenti, già segretario del Comitato Expo.
Quindi si comincia sul serio, e per evitare ritardi visto il poco tempo a disposizione, la Moratti ha chiesto l'approvazione di una legge specialecontro il ricorso al Tar, in modo da evitare il potere di sospensiva durante i lavori per preparare l'Expo. Questo in particolare per saltare gli eventuali ostacoli dei comitati dei cittadini che in questi giorni e in particolare alla festa del Primo Maggio in Piazza Cadorna erano presenti con il comitato NoExpo.
La situazione serve sul piatto d'argento la risposta al Pd, che avverte il Comune, che con o senza legge speciale, non deve dimenticare di coinvolgere le cittadinanze nelle scelte relative all'Expo, che ricordiamolo, deve essere condiviso da tutti.
Il sindaco Letizia Moratti ha incontrato oggi in Assolombarda, Diana Bracco, alla quale Emma Marcegaglia ha appena conferito, tra l'altro, l'incarico di rappresentare l'intera Confindustria nella fase attuativa dell'Expo 2015, e un gruppo d'imprenditori milanesi che si sono particolarmente impegnati nel sostegno della candidatura di Milano per l'Expo 2015. Lo comunica Assolombarda con una nota. "Durante la riunione il sindaco ha ringraziato Assolombarda per il grande contributo dato a Parigi negli incontri con le delegazioni dei Paesi membri del BIE e per essere stata sempre in prima fila nella promozione della candidatura di Milano presso le business community dei diversi Paesi durante le tantissime missioni all'estero - si legge ancora -.
Il sindaco ha anche illustrato il progetto Expo 2015, soffermandosi sul tema dell'alimentazione 'Feeding the planet, energy for life' che rappresenta una grande opportunità per Milano par dare un aiuto concreto sul fronte della formazione, della lotta a molte malattie debellabili e per garantire un'alimentazione fruibile in ogni parte del mondo". A questo proposito Diana Bracco, accogliendo l'appello lanciato dal sindaco Moratti e dall'assessore Mariolina Moioli, si è dichiarata "disponibile ad attivarsi per sostenere due importanti progetti di cooperazione alimentare che riguardano Haiti, il Paese caraibico in piena emergenza umanitaria a causa della gravissima carestia che sta mettendo a rischio la vita di migliaia di bambini". "Vogliamo che L'Expo di Milano sia aperto al mondo e che diventi anche un'occasione per realizzare insieme ai Paesi di tutti i continenti validi progetti di cooperazione alimentare, formativa e sanitaria - afferma Diana Bracco - e coså abbiamo voluto, fin da oggi, dare un segnale in questa direzione sostenendo i due coraggiosi progetti per combattere la malnutrizione infantile ad Haiti portati avanti dalla Fondazione Fancesca Rava - N.P.H. Italia Onlus e dall'Organizzazione umanitaria Avsi".
La squadra per l'esposizione del 2015. La Moratti: un decreto contro i ricorsi al Tar. Glisenti amministratore unico, a capo dell'intera struttura. (Maurizio Giannattasio - Il Corriere della Sera) Nasce l'organigramma della società che gestirà l'Expo 2015: Letizia Moratti e Paolo Glisenti fanno la parte del leone Prende forma l'organigramma della società che gestirà l'Expo 2015. È lo sviluppo vincolante di quanto contenuto nel dossier che ha portato alla vittoria di Milano contro Smirne. Letizia Moratti e Paolo Glisenti fanno la parte del leone. Il sindaco svolgerà un duplice ruolo. Quello di commissario straordinario (affiancata da una struttura di supporto) e di presidente del Comitato di indirizzo e di programmazione che comprende Presidenza del Consiglio, Regione, Comune, Provincia, Fiera e Camera di Commercio. E si arriva al vero cuore della società.
Ci sarà un amministratore delegato unico che risponde al nome di Paolo Glisenti, già segretario del Comitato Expo. È a capo dell'intera struttura. Sotto di lui otto direzione di staff: le Relazioni Internazionali, la Pianificazione Strategica e controllo, le Risorse Umane, Finanza e Affari legali, Approvvigionamenti e acquisti, Sviluppo del tema (affiancato dal Comitato scientifico), Promozione, comunicazione e relazione con i media, Relazioni con il governo e gli enti locali (affiancato dalla Consulta territoriale), Ambiente e sostenibilità evento (affiancato dalla Consulta ambientale) e i Sistemi informativi e tecnologici. Sempre da Glisenti dipendono le due aree business della società: le infrastrutture e la gestione dell'evento. Ci sarà un direttore generale delle infrastrutture e a cascata chi si dovrà occupare delle gare, del coordinamento dei servizi di progettazione. Ci sarà chiaramente un direttore generale gestione eventi che avrà sotto di sé le Operazioni: dal Servizio per il sito, al Servizio visitatori al Servizio espositori. E un responsabile del Marketing.
Ci sono ancora dubbi su quale sarà la forma giuridica della società: una società pubblica di diritto privato o un'Agenzia sul modello del Toroc, la Fondazione privata che organizzò le Olimpiadi invernali di Torino. Intanto, si comincia ad articolare la Legge speciale per l'Expo. Anche qui non ci si discosterà molto da quello che è stato fatto per il Giubileo di Roma, i Mondiali di calcio o le Olimpiadi invernali di Torino. Ci sarà uno strumento unico — la Legge speciale — mentre la declinazione dei poteri commissariali della Moratti potrà avvenire in corso d'opera. E proprio sul modello di Torino, la Moratti chiederà un decreto sul modello delle Olimpiadi di Torino per impedire ai Tar il potere di sospensiva in tutta la fase che ci separa dall'Expo. Lo ha detto ieri al capogruppo di An, Carlo Fidanza che si diceva preoccupato del poco tempo a disposizione e dal «potere di veto dei comitati dei cittadini». «Ma al di là della questione di impedire i ricorsi — attacca Pierfrancesco Majorino del Pd — il Comune si deve porre il problema di prevenirli e quindi di coinvolgere la cittadinanza nelle scelte che si realizzeranno. Per questo abbiamo chiesto di istituire una commissione consigliare ad hoc che si occupi dell'Expo. L'Expo non deve essere gestito da pochi, ma deve essere un'operazione di grande trasparenza condivisa».
(Affari italiani) Ospitare i visitatori dell'Expo nelle cascine alle porte di Milano. "Quello delle cascine èun patrimonio veramente enorme. Si caratterizza per le dimensioni considerevoli delle strutture e per il numero: lungo i Navigli si trovano 150-200 cascine in disuso, ognuna con una struttura abitativa pari tra i mille e i duemila mq": a dirlo è la presidente delle sezioni di Milano e Lodi della Cia (Confederazione italiana agricoltori) Paola Santeramo, che, insieme a Coldiretti e Confagricoltura lancia la proposta, in vista dell'Expo, di ristrutturare le cascine in disuso per accogliere i visitatori dell'esposizione.
I tre soggetti del mondo dell'agricoltura hanno presentato nelle scorse settimane il documento "Un futuro per l'agricoltura milanese", contenente una serie di proposte, piani d'azione e linee guida, riguardo il crescente consumo di suolo che caratterizza l'area milanese. "Perché pensiamo a costruire il nuovo quando possiamo riqualificare un patrimonio che avrebbe senso valorizzare anche dal punto di vista storico-culturale?", afferma la presidente milanese della Cia. "Sono strutture che, se recuperate, possono svolgere la funzione di nuovi alloggi che potrebbero coså evitare nuove costruzioni". Un'idea che nasce da una domanda sempre più presente sul territorio: "le aziende agricole attuali hanno liste d'attesa di mesi, non riescono a far fronte alla domanda: sempre più uomini d'affari europei o americani a Milano per lavoro, la sera vogliono tornare in un contesto più tranquillo, come quello di un agriturismo", spiega Santeramo.
Della stessa opinione del presidente della Cia, è quello milanese della Coldiretti, Carlo Franciosi: "valorizzare le aziende agricole in generale vuol dire anche accogliere visitatori, offrendo prodotti tipici e alloggio. Se noi riuscissimo a riscoprire, riutilizzare e rivalorizzare le cascine in disuso, riusciremmo a farne dei centri d'accoglienza senza costruire nuove strutture". E, ammesso che "ci sia la possibilità di attingere a fondi istituiti per rivalutare queste strutture", osserva Franciosi, "ci sarebbe la possibilità di dare vita a un'esperienza completamente nuova". Una necessità sottolineata anche da Santeramo, che afferma: "se ne devono far carico i governi locali, ma si deve avere davvero l'approccio di voler finanziare e sostenere".
Per quel che riguarda le differenti funzioni che le cascine ristrutturate dovrebbero ricoprire, le opinioni dei due presidenti milanesi di Cia e Coldiretti, invece, differiscono leggermente: "anche se la struttura non è attrezzata per fare da agriturismo vero e proprio, basta offrire la possibilità di alloggio e appoggiarsi, per il vitto, ad agriturismi già avviati", osserva Franciosi. Differente la posizione di Santeramo: "noi diciamo che una cascina ha senso se intorno c'è un terreno produttivo, senza si rischia di avere delle cattedrali nel deserto che dopo l'Expo decadono. Dobbiamo fare l'opposto: mantenere là, anche dopo l'Expo, una funzione produttiva".
(Paolo Marchi - Il Giornale) a Casale Marittimo (Pisa). Per incontrare Oliviero Toscani, uno dei milanesi più famosi nel mondo, sempre che il mondo lo consideri ancora milanese vista l’internazionalità della figura, bisogna raggiungere La California, una frazione di Bibbona lungo la via Aurelia, sorta di boa sul mar Ligure da doppiare per puntare verso le colline di Casale Marittimo. Mare alle spalle, si cambia provincia; si lascia quella di Livorno per entrare nel Pisano, si cambia soprattutto linee e orizzonti come Toscani, già fotografo di grido, a suo tempo cambiò vita allontanandosi da Milano dove nacque nel febbraio di 66 anni fa «in via Como perché mio padre Fedele, fotoreporter, lavorava al Corriere della Sera ed era logico abitarvi vicino». Centoventi ettari nei quali si inseguono a olivi e vigne, a boschi e prati, a maneggi e stalle, l’occhio cade anche sul suo marchio, una O bella tonda con una T all’interno mutuata dalla A di anarchia. Senza pensarci, suo babbo gli ha fatto un gran bel regalo. Poteva chiamarla Giuseppe o Sergio e cambiava tutto. «Ma conta anche la T». Quella però era fissa, automatica. Piuttosto, perché qui e non più Milano? «Negli anni Sessanta lavoravo a Parigi per via della moda, c’era New York e mi recavo spessissimo a Londra. A Casale arrivai perché dipingevo, era il ’62, avevo vent’anni e rimasi impressionato dal posto, lo memorizzai e quando dieci anni dopo mi sposai si voleva una casa di vacanza». Una scelta immediata? «Più o meno. C’era in ballo Panarea ma io odio la costrizione a cui ti obbliga un’isola, non puoi scappare così un po’ da hippy comperai qui. Non c’era nulla di quello che si vede oggi». Se non la bellezza. «Che però ti tiravano dietro. Era il ’69 e la casa di Milano, in via Argelati, non la lasciai, almeno non fino al ’76 quando con Kirsti, mia moglie, ci chiedemmo dove mettere su la nostra casa e la risposta fu “perché non là?” cioè qui». Splendido. «E pure comodo. Viaggio molto e in fondo si tratta di alzarsi, salire in auto e andare a prendere un aereo». Pisa, Linate o Malpensa in pratica pari sono. «Sì, però qui posso allevare una sessantina di cavalli, giro per i paesi in calesse, produco il mio olio e il mio vino, ho le mie galline e quando mi gira di bermi un uovo fresco lo posso fare». Da oltre trent’anni via da Milano, cosa le piace della sua ex città? «Bene o male è la città dove è stato inventato il Futurismo grazie a un preciso spirito di rottura e poi ha sempre avuto una grande generosità e una voglia di fare, anche se ora...». Ora si prepara per l’Expo. «Sì, però il vero guaio dell’Esposizione Universale è che il confronto era con Smirne, non Parigi o Berlino e nemmeno Barcellona. Le autentiche grandi città non lo cercano più e lasciano il giocattolo a quelle di serie B che hanno bisogno di risollevarsi. Milano oggi è una città di fighettini dove manca il senso del rischio. Non dico di risolvere tutti i problemi, ma almeno di affrontarli. Senza contare che io che fotografo l’essere umano, trovo un numero ben maggiore di stimoli a Parigi, per dire, dove le facce sono di tutti i colori». Nei giorni scorsi, il Salone del Mobile ha animato ogni angolo. «Ho fatto un evento con l’Ottagono e so che i palazzinari si stanno scatenando, ma quando sento parlare di Milano come della capitale mondiale del design, mi chiedo dove sia tutto questo design. Mai stato a Helsinki? Lì il design inizia fin dall’aeroporto, vogliamo parlare di quanto fanno schifo in tal senso i due scali milanesi?». Molto. Segue il tema Expo? «Quello che non mi piace è sentire parlare di una città a misura d’uomo. Le grandi città non sono a misura d’uomo, Perugia lo è e infatti è piccola. Milano deve ragionare in grande come se fosse Tokyo e lasciare perdere idee strampalate come i boschi verticali. Chi vuole vivere nel verde, deve fare come me e si trasferisce in campagna. Visto il tema del 2015, Nutrire il pianeta, la Moratti deve portare in città i problemi del mondo e metterli in prima piano a iniziare dai bambini denutriti, vittime della guerra e del razzismo, la fame da sfidare con una vera azione di stampo futurista, andando a vedere i problemi direttamente entro all’uomo per mettere le condizioni per un reale sviluppo dell’umanità». Sarà così? «No, alla fine vincerà la logica della politica e si accontenteranno tutti». Non è lo spirito di Milano. «Milano ha la più bella periferia d’Italia e nella zona della Borsa è riuscita a far coesistere il passato e l’architettura degli anni Trenta. Poi sono stati fantastici gli anni Cinquanta e i Sessanta, purtroppo una volta nei Settanta, mentre altri centri facevano il loro balzo, Milano si fermava e l’Italia pure. Poi siamo grandi nella moda, però è un problema». Un problema? «Più della metà del bilancio americano poggia sullo sfruttamento dei copyright, tecnologia insomma, e noi? Noi non abbiamo brevetti e ci siamo fatti rubare anche la pizza e l’espresso. Se la cucina italiana è famosa nel mondo dobbiamo ringraziare gli stranieri, certo non il nostro provincialismo. Mi ricordo che quando un americano o un tedesco chiedeva di chiudere un pasto con un cappuccio gli ridevano in faccia, poi è arrivato Starbucks e glielo ha servito vincendo. In America fanno pure un ottimo pesto, perché non potrebbero? Se vogliamo vincere le sfide del mercato dobbiamo buttarci sul mercato e confrontarci. Il mio enologo, ad esempio, mi ha suggerito di impiantare Teroldego, uva tipica del Trentino, e l’ho fatto anche se sono in Toscana, perché dovrei rinunciare alla possibile di un signor vino?». Già, perché no?
(Ansa) La sfida per l'aggiudicazione dell'Expo 2015, che ha visto di recente contrapposte Milano e Izmir (Smirne), si trasformera' presto in un rapporto di collaborazione tra le due citta' che sara' sancito con la firma di un memorandum d'intesa.
E' quanto, raccogliendo il suggerimento dell'ambasciata d'Italia ad Ankara, il sindaco di Milano Letizia Moratti ha proposto al primo cittadino di Izmir, Azizi Kocaoglu, allo scopo di rafforzare la cooperazione economica attraverso le rispettive Camere di Commercio e di ritagliare un ruolo di particolare rilievo all'ex sfidante nell'organizzazione dell'EXPO 2015.
La proposta italiana e' stata accolta con grande entusiasmo in Turchia, in particolare dal presidente della Repubblica Abdullah Gul, che ne e' stato informato. Gia' nelle prossime settimane una delegazione di alto livello di Izmir dovrebbe compiere una visita a Milano per concordare i primi sviluppi operativi della proposta avanzata da Letizia Moratti.
(Maria Zuppello - Panorama) Mentre tutto è ancora da fare e costruire per l’Expo del 2015, perché non riscoprire la Milano di un’altra grande Esposizione, quella del 1906? Il secolo era appena agli inizi e ancora riecheggiavano le note del “Ballo Excelsior”, un’opera fantastica inneggiante al progresso e al futuro andata in scena al Teatro alla Scala l’11 gennaio 1881 da cui comincia, dunque, la prima tappa del percorso. Da lì in poi sarà tutto un crescendo di tecnica e scienza, dalla lampadina di Edison alla pila di Volta, passando per il telegrafo e il battello a vapore.
L’Esposizione Internazionale del Sempione, questo il nome originale, che si svolse dal 28 aprile all’11 novembre del 1906, occupava circa un milione di metri quadri su due aree collegate da un’audace sopraelevata elettrica: il Parco del Castello Sforzesco, dall’Arco della Pace al Castello, e la Piazza d’Armi, che diciassette anni dopo sarebbe diventata la sede della Fiera di Milano. Venticinque nazioni tra Europa, Americhe, Africa, Asia e Oceania vi parteciparono attirando più di cinque milioni di visitatori. Tutto per festeggiare la fine dei lavori del traforo del Sempione che avrebbe aperto le porte all’Europa e ai commerci trasformando Milano, secondo la ben nota definizione di Giovanni Verga, nella “città più città d’Italia”. Tutti i padiglioni costruiti per l’occasione come era consuetudine furono poi smantellati. Con l’eccezione dell’Acquario di Via Gladio, dove una sosta è indispensabile. La città, intanto, boccionianamente saliva, con ciminiere e colossali cantieri che estendevano i confini dell’abitato. E se molto oggi è scomparso la Stazione Centrale, la cui prima pietra risale proprio a quell’anno, conserva ancora un fascino d’altri tempi. L’itinerario si conclude, poi, fuori Milano, a Sesto San Giovanni, dove proprio intorno al 1906 alcune grandi imprese milanesi, come Breda, Ercole Marelli, Falck e Pirelli, decisero di spostare il loro baricentro produttivo. Nella centralissima Via Marconi ancora oggi si può visitare l’antico quartiere operaio. Per chi, poi, vuole rivivere anche visivamente i fasti dei tempi che furono due mostre sembrano essere utili, quella dei Musei del Castello Sforzesco dedicata all’ebanista Eugenio Quarti, che espose i suoi mobili nei padiglioni andati oggi perduti e quella organizzata dalla Provincia di Milano per raccontare tutta la storia dell’Esposizione del 1906.
(Bruno Vespa - Panorama) Alla fine degli anni Trenta il progetto dell’esposizione mondiale programmata da Benito Mussolini a Roma per il 1942 fu l’occasione per la più grande rivoluzione urbanistica dell’Italia moderna. Nei primi vent’anni di regime il Duce aveva inserito la città nuova nella vecchia, con lo sventramento dei Fori Imperiali, la costruzione dei grandi edifici di via Veneto, la realizzazione del quartiere Mazzini fino al Foro Mussolini (Foro Italico) e alla gigantesca Casa littoria della Farnesina, grande quanto il Colosseo, poi trasformata con la guerra in ministero degli Affari esteri.
Dopo la nascita dell’impero, Mussolini voleva dare un segnale imponente della continuità della civiltà fascista con la civiltà romana, sognando di essere protagonista di una pace europea degna di quella imperiale di Augusto. Come potesse immaginare qualcosa del genere dopo le leggi razziali e il Patto d’acciaio con Adolf Hitler resta un mistero. Ma anche storici antifascisti come Emilio Gentile (Fascismo di pietra) gli danno atto di una «temporanea volontà di pace», immaginando che la guerra non gli sarebbe piovuta addosso prima di cinque anni. Il 20 aprile 1939 Mussolini presentò l’Esposizione universale come «la consacrazione dello sforzo che tutte le genti civili fanno sul cammino del progresso, non solo materiale». Il progetto era grandioso: estendere la città da piazza Venezia al mare attraverso l’Eur con una struttura urbana avveniristica di cui la guerra impedì il completamento. A cominciare dall’enorme arco romano che Roger Griffin ha usato per la copertina del suo Modernism and Fascism appena uscito negli Stati Uniti e che analizza il «modernismo tecnocratico» del regime. Ma quel che resta nel quartiere dell’Eur è indicativo dello sforzo compiuto. Purtroppo nel dopoguerra l’Italia non ha saputo utilizzare al meglio nessuna delle grandi occasioni che le si sono presentate. Il villaggio olimpico costruito a Roma per le Olimpiadi del 1960 impallidisce rispetto all’Eur, ma allora fu almeno aperto il Grande raccordo anulare della capitale. Nulla è stato fatto per i Campionati del mondo di calcio del 1990, nulla per il Giubileo del 2000, con l’eccezione di un sottopassaggio che rende fluido il traffico tra due quartieri dell’area nord di Roma. Imbarazzante il confronto con le principali metropoli d’Europa, da Berlino a Parigi, a Barcellona, protagoniste di autentiche rivoluzioni urbanistiche. Il solo tentativo riuscito di restituire l’antica dignità a una capitale storica c’è stato a Torino in occasione delle Olimpiadi invernali. Ma anche qui, volendo proseguire nel suo progetto di sviluppo, un bravo sindaco come Sergio Chiamparino per poter costruire due grattacieli ha dovuto rinunciare ai voti della Sinistra arcobaleno, che è sua alleata di giunta, per incamerare quelli di Forza Italia e Alleanza nazionale. Questa ampia premessa serve a dire che l’Expo 2015 di Milano è davvero l’ultima grande occasione per un paese in ginocchio che intenda rialzarsi. Il progetto di sviluppo di Milano è grandioso e va completato. Ma i 20 miliardi di investimento previsti dovranno avere un effetto moltiplicatore sull’Italia intera. Gran parte dei 30 milioni di visitatori attesi a Milano proseguiranno a Venezia, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia. L’auspicata rinascita di Milano non avrà senso se non sarà legata a quella dell’intero Paese. Ecco perché la battaglia con Smirne scompare rispetto a quella che gli italiani dovranno combattere con se stessi. I loro veti, la loro burocrazia, la loro attitudine al compromesso mediocre. Qualche settimana fa, parlando dei rifiuti di Napoli, Newsweek ha scritto: l’Italia è ferma e guarda il mondo che le passa accanto. Fermi si muore.
(Milano 2.0) L'entusiasmo dell'Expo2015 tira fuori energie impensabili, e speriamo che i segni di questa magia restino anche dopo il grande evento che Milano celebrerà tra qualche anno.
Sfogliando il Corriere della Sera di ieri, domenica 6 aprile, i lettori avranno potuto notare l'intervento sulla futura Beic dell'ex-Ministro del Governo Prodi Antonio Padoa-Schioppa in veste di giurista e docente. Cos'è la Beic? E', anzi sarà, tra quattro anni la Biblioteca Europea di Informazione e Cultura che verrà costruita nell'area di Porta Vittoria.
Milano e l'Italia, possiamo dirlo, vincono ancora una volta. Tra le iniziative di alto profilo, quella di costruire una biblioteca, "infrastruttura " come la definisce Padoa-Schioppa, aperta al mondo, , alcune consultabili anche in rete.
Insomma proprio come la sorella più vicina, la Biblioteca Francoise Mittarand di Parigi che raccoglie le opere dei grandi pensatori francesi e non solo, la Beic sarà la più grande struttura bibliotecaria e multimediale concepita in Italia, ispirata alle migliori realizzazioni di questi anni.
Il progetto è corposo, si prevedono mezzo milione di opere ad accesso libero, ordinate per materia. Tutto il materiale verrà catalogato in base a i rami del sapere, ci sarà anche una stretta integrazione con le banche dati nazionali e internazionali, un laboratorio per ragazzi, i reparti con le novità librari e chi più ne ha più ne metta.
C'è da dire che Beic non esce dal cilindro magico dell'Expo2015, è un sogno antico. La Regione ha partecipato all'accordo, il Comune ha fornito alla Fondazione Beic l'area di Porta Vittoria dove sorgerà la struttura e ha bandito il concorso internazionale, vinto dall'architetto Peter Wilson, il Parlamento aveva stanziato già le prime risorse nel 2000.
Parteciperanno alla Beic anche le università milanesi. Il costo si aggira attorno ai 240 milioni di euro per 80 mila metri di suolo, certo enorme se si pensa alle costruzioni realizzate finora, ma in linea con i finanziamenti di strutture analoghe create all'estero. Ma come ci tiene a sottolineare Padoa-Schioppa "anche lo Stato dovrà fare la sua parte per l'investimento iniziale, come è giusto che sia per un progetto internazionale".
(Panorama) Con l’Expo 2015 Milano tornerà una città d’acqua, come prima che coprissero i Navigli. Infatti una via navigabile dovrebbe collegare il nuovo quartiere espositivo, accanto alla Fiera di Rho-Pero, con la Darsena nella zona Ticinese. E ci guadagneranno Marco e Matteo Cabassi: i figli di Giuseppe, costruttore e immobiliarista chiamato “Sabiunat” perché suo padre aveva fatto fortuna scavando e vendendo sabbia. Un destino sull’acqua: la loro famiglia diventò ricca anche grazie ai barconi che solcavano i Navigli, fino alla Darsena, con la sabbia e gli altri materiali per costruire Milano. Ora i Cabassi possiedono parte delle aree dove, intorno a un lago artificiale, sorgerà l’Expo.
Perciò la Bastogi e la Brioschi, società quotate del gruppo Cabassi, hanno avuto forti rialzi in borsa subito dopo l’assegnazione dell’Expo battendo la città turca di Smirne: 86 a 65 voti dei paesi del Bie, il Bureau international des exposition che organizza l’evento.
Letizia Moratti, sindaco di Milano, ha vinto la sua scommessa. Ma sono già cominciate le polemiche: per esempio con l’architetto Massimiliano Fuksas che contesta la via d’acqua o con Adriano Celentano che paventa una colata di cemento sulla città. E a Silvio Berlusconi, secondo il Corsera non piace il grattacielo storto di Libeskind. In realtà, molti progetti sono ancora da definire. Il boom immediato, 27 per cento di guadagno in un giorno, l’ha avuto in borsa il titolo Fiera Milano. Sia perché la fondazione che la controlla possiede la parte più ampia delle aree dell’Expo, sia perché la Fiera beneficerà dell’evento del 2015: sei mesi d’inaugurazione, 29 milioni di visitatori previsti. E qualcosa dopo resterà: anzitutto il collegamento ferroviario diretto tra la nuova stazione di Rho-Pero (dovrebbe già essere pronta nel 2009, sulla linea ad alta velocità Torino-Milano) e l’aeroporto di Malpensa, per cui è probabile un rilancio nonostante la fine di gran parte dei voli Alitalia.
Comunque i grandi affari li faranno costruttori, cementieri e immobiliaristi. Così si spiegano, dopo la vittoria di Milano, i forti guadagni in Piazza Affari di Impregilo, Astaldi, Buzzi Unicem e Italcementi, considerati tra i titoli più favoriti. “Abbiamo vinto un terno al lotto, l’Expo farà da volano per l’immobiliare e le costruzioni” sintetizza Michele Cibrario, amministratore delegato della Bnl fondi immobiliari, “due settori che insieme rappresentano oltre il 15 per cento del pil italiano. In Lombardia esistono 10 milioni di metri quadrati di aree dismesse. Sono disponibili fondi europei per la rigenerazione urbana finora non utilizzati”.
Insomma, non solo Expo. Quando si stima in 20 miliardi l’investimento previsto, si comprende anche l’indotto. “Nel dossier per il Bie abbiamo considerato oltre 10 miliardi già previsti per le infrastrutture lombarde: come le linee 4 e 5 del metrò e le tre nuove autostrade, la Pedemontana, la Brebemi e la Tangenziale esterna milanese” ricorda Roberto Daneo, direttore del Comitato Expo, mentre lo stanziamento “è di 890 milioni di euro per la gestione vera e propria dell’evento, oltre ai 3,2 miliardi per gli investimenti infrastrutturali, compresa la nuova linea 6 del metrò Castelbarco-Pagano-Bisceglie che consentirà di smaltire meglio il traffico sulla linea 1 che arriva a Rho Fiera”.
Rimangono però alcuni problemi. A partire da quello urbanistico. Una parte dell’area è della società Euro Milano (che fa capo a Intesa Sanpaolo, Bernardo Caprotti dell’Esselunga, Legacoop e Acli) e lì è già previsto un futuro di edilizia residenziale. E il resto? “I Cabassi cedono le aree a un prezzo simbolico, ma verranno loro restituite valorizzate dopo l’Expo” osserva Maurizio Baruffi, capogruppo dei Verdi al Comune di Milano. “E non si è presa la decisione sugli aspetti urbanistici successivi: per esempio si potrebbero fare gli impianti sportivi che mancano a Milano per candidarsi alle Olimpiadi”. Dopo l’Expo saranno abbattuti in buona parte i padiglioni costruiti dai paesi partecipanti. Gli edifici permanenti saranno trasferiti al Comune di Milano dopo il 2015, in particolare quelli tematici e quelli dell’Italia lungo il boulevard centrale, eventualmente una torre alta 200 metri (che però non è sicura, Moratti ha già frenato). Destinazione? Tutto da vedere. Come sono da decidere le modalità per assegnare i progetti, una torta che fa gola ai più grandi studi mondiali di architettura. L’architetto Stefano Boeri chiede “una campagna di trasparenza sui concorsi, puntando sulla qualità”.
“Occorre una legge speciale per Milano” propone Piero Borghini, city manager del Comune. Cosa vuol dire? “Per esempio, sui trasporti dovremmo avere la possibilità nei bilanci di sforare il patto di stabilità. Bisogna ripensare tutto in termini di Expo e quantificare meglio la spesa: gli enti locali devono mettere oltre 800 milioni” rammenta Borghini. A questo proposito Massimo Corsaro, assessore lombardo (di An) alle Attività produttive, aggiunge: “Le istituzioni locali dovranno garantire che non si ripetano episodi come quelli avvenuti per i Mondiali di calcio del 1990, con alberghi iniziati e mai terminati e però abbondantemente finanziati”. Già, il rischio dello spreco è in agguato. Secondo Corsaro, “dovrà essere prevista dal nuovo governo una corsia preferenziale per i lavori in vista dell’Expo: è lo schema già usato per le Olimpiadi di Torino 2006″. Altrimenti, il pericolo è arrivare coi cantieri aperti al 2015.
L'Expo 2015 è una grande occasione di rilancio per la metropoli lombarda. Cambierà volto e arriveranno circa 20 miliardi per infrastrutture e trasporti. Ecco chi ne trarrà benefici. E quali saranno i rischi.
(Enrico Arosio e Claudio Lindner - L'Espresso) Che bella Milano! Con la sua piccola Senna (il Naviglio) e i bateaux-mouche che ci portano dalla Darsena fino alle bandiere al vento dell'Expo. Il suo Central Park, non proprio centralissimo, ma con alcune decine di ettari di nuovo verde e percorsi pedonali e ciclabili collegati con il centro città. Le polveri sottili diminuite del 20 per cento. La città ripulita. Due nuove linee metropolitane, la 5 più a nord che collega Niguarda a San Siro, e la 4 sull'asse est-ovest che unirà Lorenteggio al Policlinico e in futuro raggiungerà (per la prima volta) l'aeroporto di Linate. Sarà tutto questo la Milano che l'Expo lascerà in eredità? Certamente è il sogno che si intravede nel megaprogetto preparato dalla squadra del sindaco Letizia Moratti per vincere la battaglia contro Smirne.
Un piano destinato a cambiare il volto della metropoli lombarda, a risollevarla da una depressione (più psicologica che economica) nella quale vive ormai da vent'anni, desiderosa di un riscatto post Tangentopoli, animata dalla voglia di pareggiare i conti con città beneficiate in altre circostanze, vuoi dal Giubileo, vedi Roma, vuoi dai Giochi olimpici invernali, vedi Torino. Efficace il paragone dell'epistemologo Mauro Ceruti, secondo cui Milano, "capitale mancata", rischia di avvicinarsi a certe città texane, Houston e Dallas, "senz'altro all'avanguardia economica e politica, ma non in grado di elaborare una 'cultura del luogo' che possa renderle attrattive su scala globale". Il contrario di New York e Londra.
Basterà l'effetto-Expo? "Sì", sembra suggerire l'euforia ambrosiana dopo il voto di Parigi. Una vittoria ottenuta grazie all'ostinazione dimostrata dalla Moratti e all'attento lavoro diplomatico del governo Prodi, con il sottosegretario agli Esteri, Bobo Craxi, in prima linea. Un entusiasmo trasversale e contagioso, nazionale e locale, guastato da poche frasi sgraziate di sapore elettorale (Ignazio La Russa: "Davvero bravi Letizia Moratti e Milano a superare i tanti ostacoli che il governo Prodi con il suo operato ha frapposto alla città per il successo dell'Expo"). Il giudizio più lusinghiero è arrivato dall'architetto americano Daniel Libeskind, il quale fors'anche suggestionato dalla commessa ricevuta (il quartiere City Life e il Museo di arte contemporanea) ha parlato di "Milano città aperta" e "democratica nel senso più profondo del termine". Scontato il'no' secco a speculazioni e colate di cemento pronunciato da Adriano Celentano sul suo sito.
Certo è che gli affari ipotizzati attorno alla superfiera sono colossali. Qualche cifra: investimenti per 4,1 miliardi di euro solo per l'area espositiva, i trasporti, gli alberghi, l'organizzazione, che salgono a 20 miliardi considerando le infrastrutture già decise prima e da realizzare in Lombardia, dall'autostrada Pedemontana alla Brebemi, dalla Tangenziale Est all'estensione della rete metropolitana a 140 chilometri entro il 2014. Un inatteso guizzo di vitalità è prevedibile per la declinante Malpensa, tradita da Alitalia e pronta ad accogliere parte dei 29 milioni di visitatori stimati.
Se la scossa economica è garantita, altrettanto certo è l'elenco di chi riuscirà a guadagnarci un bel gruzzolo di quattrini. A cominciare dai soliti noti, tra costruttori e immobiliaristi. Matteo Cabassi, quinto figlio di Giuseppe, chiamato negli anni Settanta El Sabiunat, è il padrone di casa. In luglio la società Belgioiosa, controllata dalla sua cassaforte Raggio di Luna, ha firmato un accordo con la fondazione Fiera Milano per la concessione in diritto di superficie al Comune di un'area di 750 mila metri quadrati (550 mila della Fiera, il resto dei Cabassi) sui quali saranno realizzate le opere dell'Expo. Il terreno oggi è a destinazione agricola, ma alla fine Cabassi si troverà 150 mila metri quadrati con un indice di edificabilità dello 0,60. Applaude Salvatore Ligresti, tornato grande mattatore del mattone milanese dopo il coinvolgimento in Tangentopoli, e che dall'Expo avrà buoni ritorni per gli effetti a cascata sui progetti City Life e Porta Nuova. Qualche vantaggio otterrà anche Luigi Zunino, promotore di Santa Giulia e dello sviluppo dell'ex Falck a Sesto San Giovanni, da qualche mese in difficoltà per i forti debiti. Tant'è che il titolo Risanamento ha avuto più di un sussulto in Borsa dopo la notizia della vittoria di Milano.
Così come in forte rialzo sono le azioni della Fiera Milano. I guru della finanza sono già all'opera sul 'portafoglio Expo' e segnalano inoltre buone prospettive per Impregilo e Astaldi, primi in Italia per le grandi opere, Autogrill, Italcementi e Buzzi Unicem, la Snai, sia per le scommesse sia per il fatto che possiede grandi aree attorno all'ippodromo di San Siro. E poi le banche, le aziende di energia, i gruppi alberghieri, le aziende di arredamento e chi più ne ha più ne metta. Affari tanti, rischi altrettanti. La 'Milano da bere' ha lasciato il segno. Nessuno ignora i timori di assalto agli appalti, favoritismi, conflitti di interessi. Denunce pendono anche a Saragozza, in Spagna, per l'Expo di quest'estate. E tutti ricordano le inchieste della magistratura sugli stadi dei Mondiali di calcio 1990, le tangenti sui lavori pubblici delle Colombiane a Genova, le valigiate di mazzette pagate per le linee del metrò milanese e del Passante Ferroviario ai tempi del sindaco Pillitteri, le più recenti controversie sul piano parcheggi della giunta Albertini, il sospetto di appalti di favore su alcuni grandi cantieri della Regione Lombardia. Non c'è opera pubblica, in Italia, che non sia piagata da sospetti di bustarelle, gare pilotate, subappalti da manuale Cencelli (tot alle coop bianche, alle coop rosse, alla Compagnia delle Opere). Non tutto è da codice penale, ma molto è da paese incivile.
Nell'era del turbocapitalismo, infine, resta da chiedersi: quale idea di città sta dietro alla sfida dell'Expo? Una città dell'esclusione o dell'integrazione? Sarà il simbolo di una comunità affluente che espelle i soggetti deboli (giovani precari, anziani, immigrati) verso l'hinterland dei bassi affitti e dei cattivi servizi? O riuscirà la Milano del 2015 a parlare un linguaggio di democrazia urbana? Il sindaco Moratti, cui dopo la fatal Parigi si profetizza un diritto certo alla rielezione, dovrà presto, dopo il meritato riposo, tornare a occuparsi anche di cose piccole ma urgenti. A Milano mancano almeno 30 mila appartamenti di edilizia convenzionata, case dello studente, residenze per anziani a prezzi ragionevoli. Molte strade del centro sono piene di buche e lastre dissestate, la Darsena è una palude di fango. Le periferie soffrono per mancanza di socialità e sicurezza. Chinatown è inquieta e prepotente. C'è la polemica sui campi rom, con il cardinale Tettamanzi che parla di diritti violati. I vigili in strada sono pochi, i tassisti furbi troppi.
Insomma, l'Expo è bella ma lontana. E Letizia Moratti è attesa da molti qui e oggi, sul terreno scomodo della città difficile, dove le telecamere vanno malvolentieri. ---
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Snellire e accelerare Colloquio con Angelo Provasoli Angelo Provasoli, rettore dell'Università Bocconi, pesca nel passato e fa un parallelo con l'Expo che Milano organizzò nel lontano 1906. "Quella prima Fiera aveva come tema dominante i trasporti. Fu molto importante per lo sviluppo italiano, perché rafforzò i legami tra Milano, Torino e Genova e, favorendo la creazione del triangolo industriale, contribuì enormemente a trasformare il paese".
Professore, e l'Expo 2015 che valore aggiunto potrà portare? "Rilancerà Milano come snodo cruciale verso l'Europa trainando l'economia italiana. A patto, naturalmente, che venga confermata l'armonia tra i vari livelli organizzativi, tra il settore pubblico (nazionale e locale) e quello privato. La squadra deve continuare a lavorare su progetti condivisi. Nessuno deve appropriarsi del progetto come singola istituzione o singola parte politica. Si metterebbe tutto a rischio".
Rischio di rinvii, ritardi o peggio? "Sì, l'Expo è un progetto molto complesso, che tocca infrastrutture cittadine, extracittadine, stradali e non stradali. Mi pare indispensabile semplificare le procedure e fare in modo che le diverse autorità vengano coinvolte simultaneamente nei momenti decisionali evitando il più possibile di perdere tempo nei vari passaggi. Attenzione, non esautorare, ma coinvolgere con modalità rapide i diversi attori".
È possibile? "Forse ci vorrebbe un supporto legislativo, una sorta di 'Legge per Milano', che da un lato garantisca la correttezza delle procedure e dall'altro favorisca una loro accelerazione. Sette anni sembrano tanti, ma sono pochi se si pensa a quali iniziative si vuole mettere in cantiere".
Il tema scelto è l'alimentazione e di questo si è finora parlato poco. "Un tema credibile e di grande rilievo. L'alimentazione ha risvolti con la salute e l'ambiente, da qui possono nascere iniziative di ampio respiro e forte valore etico contro la fame nel mondo. È un settore trasversale che mobilita interessi legati alla ricerca, alla produzione industriale e al commercio".
Ne godrà vantaggi anche l'industria e quindi l'economia in generale? "Il settore agroalimentare ha un'ottima occasione di rilancio anche sotto il profilo della ricerca tecnologica. Lo abbiamo visto negli ultimi mesi quanto fondamentali siano diventate alcune materie prime, per esempio i cereali destinati alla produzione di biocarburanti, come i prezzi siano aumentati in tutto il mondo e come diventino sempre più necessari provvedimenti e scelte per combinare meglio domanda e offerta. Senza dimenticare il profilo internazionale di questo settore e le nuove opportunità in campo diplomatico e di relazioni per Milano al di là dell'Expo".
Lei, rettore, sarà anche interessato ai vantaggi per il sistema universitario. "Per tutti noi può diventare un volano importante. A Milano esistono 11 centri di eccellenza universitari, punti di riferimento per il dialogo culturale. La Bocconi ha già oggi l'8 per cento di studenti stranieri e una sessantina di docenti che vengono da fuori Italia, un processo che intendiamo rafforzare. Ma per arrivare a questo la credibilità scientifica non basta. Occorre una credibilità del paese che ospita. L'Expo 2015 può dare una mano concreta". ---
Un patto per la città Colloquio con Stefano Boeri (Sabina Minardi) Stefano Boeri la mette sul motoristico: "L'Expo è un acceleratore. Un turbo per bruciare i tempi della modernizzazione in una società urbana frammentata e difficile da guidare". Docente al Politecnico di Milano, direttore di 'Abitare', fondatore dell'agenzia di ricerca Multiplicity, Boeri è un architetto leader tra i 'cinquantenni', e impegnato, tra l'altro, sui progetti di Porta Nuova del gruppo Hines e del Cerba di Umberto Veronesi.
Quali le opportunità e quali i rischi in una Expo col turbo? "Il primo punto è la frammentazione delle élites. Se Barcellona e Torino, per i Giochi olimpici, hanno goduto di élites coese, a Milano la sfida è diversa. Le nostre eccellenze sono plurali, pensiamo all'editoria, la sanità, il design, la moda, la finanza, alcuni settori dell'informatica e delle università. Non c'è mai il protagonista unico: non nella medicina, dove c'è una forte presenza cattolica ma anche buona ricerca pubblica; non nella moda, dove i leader, nomi che tutti conoscono, giocano ognuno per sé, senza fare sistema. L'Expo obbligherà le migliori energie milanesi ad affrontare progetti condivisi, a spingere nella stessa direzione. A cominciare dalla politica".
La sfida del 2015 è una occasione unica per le infrastrutture urbane. "Certo. Si potranno implementare le reti del trasporto pubblico, il verde, le energie sostenibili. Un disegno ambizioso sarebbe estendere la rete del metrò fino agli svincoli delle tangenziali, che formano l'anello esterno di Milano, con vere piattaforme di interscambio. Dobbiamo affrontare lo shock delle 650 mila auto che entrano in città ogni giorno. Si potrà estendere l'area dell'Ecopass. Ma occorrono decisioni forti: impedire lo sviluppo edilizio nell'Anello verde metropolitano, specie a sud e a ovest. Ci vuole un patto per la città. Un patto che prescriva: qui si può densificare, là si deve preservare".
Sarà arduo evitare l'assalto speculativo. "Ma se vogliamo evitare un'Expo come autocelebrazione di un gruppo di eccellenze, dovremo evitare che si organizzi una casta di politici, immobiliaristi, banchieri (e mettiamoci anche gli architetti) libera di muoversi senza vincoli. I timori sono fondati, condivido l'auspicio dell'economista Marco Vitale: l'Expo sia un'occasione di democrazia urbana e di trasparenza. E aggiungo: un'occasione di coesione sociale e crescita culturale. Non solo padiglioni, grattacieli, maxischermi. Nuove scuole. Nuovi musei".
Qualcosa che resti ai cittadini. "L'Expo non può essere una cattedrale mediatica che il giorno dopo si svuota, né una kermesse puramente promozionale. Si cita sempre Barcellona, ma attenzione: il Villaggio Olimpico ha funzionato, si è integrato nella città, il Forum 2004 no. Così a Siviglia: la città nuova lungo il fiume oggi è abbandonata, uno spreco di denaro e architettura".
Un'idea in più per Milano 2015? Qualcosa di cui non si è parlato? "Sì. Entro il 2015 dovrà essere restaurata, riorganizzata e rilanciata Brera. La Pinacoteca è, per contenuti, di livello mondiale, paragonabile agli Uffizi, ma il mondo lo ignora. Brera per me non vale meno della Scala, né del Cenacolo di Leonardo. È una eccezionale risorsa inespressa. Spero che questa idea entri in circolo". ---
E in cielo apparirà Leonardo Il cielo sopra Milano avrà un Pantheon di sculture gigantesche, ma impalpabili come l'aria. Angoli e facciate della città cambieranno aspetto grazie a vernici termocromatiche. I padiglioni fieristici avranno pareti di vapore freddo pronte a diventare schermi di telepresenza. Attraverso occhiali a realtà aumentata, chi vorrà potrà scambiarsi informazioni con uno sguardo. Tutto vero? "E i bambini impasteranno i bit", aggiunge Vito Di Bari, docente alla Bocconi e al Politecnico di Milano, con un curriculum che segnala familiarità con i laboratori dove s'inscena il futuro. È lui l'Innovation Designer di Expo 2015, incaricato di interpretare le sfide della città in chiave digitale. Si parla di un budget di 100 milioni di euro stanziati dal Comune (altrettanti dovrebbero arrivare dai privati). Di Bari ha elaborato 25 progetti. ---
--- Non esercizi retorici, possibilità tecnologiche d'appeal nel solo confronto con la città concorrente (il rating della sezione Expo digitale è stato 'eccellente'): ma scenari reali.
"L'Expo mette in mostra il futuro", spiega: "Lo sforzo è stato quello di definire oggi ciò che sarà innovativo nel 2015: individuare progetti sufficientemente testati da assicurarne la realizzazione. Ma sorprendenti fino all'ultimo". Il risultato (con l'occhio puntato su Shanghai 2010, per scartare le novità 'bruciate'), è un mix di soluzioni per promuovere la partecipazione, garantire sicurezza. Sollevare un lembo di futuro. "Ho cercato il punto d'incontro tra sogni e bisogni. La nostra Tour Eiffel? Sarà ecocompatibile, immateriale e con Rushmore, la montagna con i presidenti americani scolpiti nella roccia, come ispirazione: statue da 900 metri cubi d'aria di personaggi che hanno fatto grande Milano, da Leonardo a Verdi, comporranno il primo parco olografico del mondo". Sistemi di telepresenza favoriranno la partecipazione remota. Una Urban Tv, chioschi touch-screen, dati sul traffico, schermi per la città (il più grande al Castello Sforzesco) accompagneranno i visitatori. Sistemi di accesso biometrici agevoleranno il lavoro dello staff. E si proveranno nuovi modi di comunicare: graffiti impressi nell'aria consentiranno, grazie alla geolocalizzazione, di scambiarsi messaggi. Speciali occhiali permetteranno di vedere in sovrapposizione com'era prima un luogo. Una Virtual Playhouse, dalle parti di Piazza Duomo, darà ai bambini la possibilità di manipolare ologrammi. "Una verifica dei progetti sarà nel 2010, poi saranno realizzati", dice Di Bari. Ma coi bandi di gara si parte subito: per consentire agli sponsor di firmare la Milano che verrà. ---
Diplomazia al velluto rosso Colloquio con Stéphane Lissner Da tre anni a Milano, casa in un angolo stupendo di Brera, professione sovrintendente della Scala. Va in ufficio percorrendo le vie care a Stendhal, e per un francese esigente non è così male. Stéphane Lissner ha tifato Italia per l'Expo. E sul piano delle relazioni internazionali ha dato, dice, il suo "modesto contributo".
Non poi così modesto, monsieur Lissner. La diplomazia scaligera c'è stata, e ha funzionato. "Le farò tre esempi. La mia visita a Parigi a dicembre insieme al sindaco Moratti, Prodi e Formigoni, quando al Palais des Congrès ho potuto illustrare il rapporto tra la Scala, Milano e il mondo. La formidabile esperienza, la prima di un teatro occidentale nell'Africa subsahariana, del concerto della Scala ad Accra in Ghana, nel maggio 2007: la Nona di Beethoven con Barenboim in diretta tv, con il presidente della Repubblica e molti esponenti dell'Unione Africana. E l'evento dello scorso 7 dicembre, il 'Tristano' con cinque capi di Stato, ministri, diplomatici: la risonanza internazionale mi ha impressionato, una copertura mediatica globale, non mi era mai capitato. Aggiungo che per il 2011, 150 dell'Unità d'Italia, la Scala ha commissionato a Giorgio Battistelli un'opera nuova sul tema dell'ecologia ispirata al saggio di Al Gore".
La capitale economica non sempre è percepita per il suo ruolo di attrattore culturale. Lei dove vede i suoi punti di forza? "Milano non è città turistica in senso classico, né ha la forma della capitale. La sorpresa è che nello spazio di un chilometro trovi due istituzioni di livello assoluto come la Scala e il Teatro Strehler. Inoltre la Triennale è stata per me una vera scoperta, con diverse mostre di livello molto alto. La vita musicale è ricca, ma poco coordinata. L'Orchestra Verdi soffre di problemi economici; Quartetto, Settembre Musica, Pomeriggi musicali offrono alta qualità ma senza che l'offerta complessiva risulti ben leggibile. Stupisce però che Milano offra tanta cultura malgrado i contributi pubblici insufficienti".
Le amministrazioni di centrodestra, in Italia, per la cultura spendono meno di quelle di centrosinistra. E in Francia? "Anche in Francia. In tutta Europa. Ne ho fatto esperienza dove ho lavorato, in Spagna, in Austria, e vale anche per la Germania che conosco bene".
Dove, invece, secondo lei l'offerta culturale milanese è migliorabile? "La danza moderna è poco presente. E la situazione del cinema mi ha molto deluso: poche sale, pochi film in lingua originale, troppe proposte di qualità mediocre. C'è più offerta di cinema, mi creda, in una città come Lione".
Dove si aspetta che l'Expo possa davvero incidere sulla città? "Mi aspetto che rilanci il tema della qualità ambientale, oltre alla salute e all'alimentazione; che aiuti Milano a superare le sue due vere emergenze: traffico e qualità dell'aria. Con l'Ecopass il sindaco Moratti ha mostrato coraggio, non era facile".
Come giudica i livelli di integrazione tra comunità diverse? "L'immigrazione è un fenomeno più recente che altrove. Le comunità mi paiono ancora separate, ognuna fa per sé. Ma sul piano della convivenza i milanesi sono piuttosto generosi".
E come si mangia a Milano? "Aaah. Troppo. Ma bene". ---
I NUMERI DELL'EXPO
29milioni sono i visitatori previsti
120 i paesi espositori
1,1 milioni di mq la superficie dell'area Expo a Rho-Pero
8 i padiglioni aperti al pubblico
4,1 miliardi gli investimenti previsti: 3,22 miliardi per infrastrutture e 892 milioni per l'organizzazione e la gestione
70 mila i nuovi posti di lavoro
36 mila i volontari per l'accoglienza
200 metri l'altezza della Expo Tower
8 i padiglioni aperti al pubblico
8 mila mq di ristoranti
2.500 mq di negozi
9 mila mq la superficie dell'anfiteatro che verrà costruito in Piazza Italia
6 mila mq la superficie dell'auditorium
138 milioni il costo della Cittadella del gusto, con alberghi, ristoranti e centro di ricerca
7 mila gli eventi previsti in sette mesi tra arte, teatro e scienza