Bruno Vespa: Expo, occasione di rivincita.
Written by Redazione on 17:41(Bruno Vespa - Panorama) Alla fine degli anni Trenta il progetto dell’esposizione mondiale programmata da Benito Mussolini a Roma per il 1942 fu l’occasione per la più grande rivoluzione urbanistica dell’Italia moderna. Nei primi vent’anni di regime il Duce aveva inserito la città nuova nella vecchia, con lo sventramento dei Fori Imperiali, la costruzione dei grandi edifici di via Veneto, la realizzazione del quartiere Mazzini fino al Foro Mussolini (Foro Italico) e alla gigantesca Casa littoria della Farnesina, grande quanto il Colosseo, poi trasformata con la guerra in ministero degli Affari esteri.
Dopo la nascita dell’impero, Mussolini voleva dare un segnale imponente della continuità della civiltà fascista con la civiltà romana, sognando di essere protagonista di una pace europea degna di quella imperiale di Augusto. Come potesse immaginare qualcosa del genere dopo le leggi razziali e il Patto d’acciaio con Adolf Hitler resta un mistero. Ma anche storici antifascisti come Emilio Gentile (Fascismo di pietra) gli danno atto di una «temporanea volontà di pace», immaginando che la guerra non gli sarebbe piovuta addosso prima di cinque anni.
Il 20 aprile 1939 Mussolini presentò l’Esposizione universale come «la consacrazione dello sforzo che tutte le genti civili fanno sul cammino del progresso, non solo materiale». Il progetto era grandioso: estendere la città da piazza Venezia al mare attraverso l’Eur con una struttura urbana avveniristica di cui la guerra impedì il completamento. A cominciare dall’enorme arco romano che Roger Griffin ha usato per la copertina del suo Modernism and Fascism appena uscito negli Stati Uniti e che analizza il «modernismo tecnocratico» del regime. Ma quel che resta nel quartiere dell’Eur è indicativo dello sforzo compiuto.
Purtroppo nel dopoguerra l’Italia non ha saputo utilizzare al meglio nessuna delle grandi occasioni che le si sono presentate. Il villaggio olimpico costruito a Roma per le Olimpiadi del 1960 impallidisce rispetto all’Eur, ma allora fu almeno aperto il Grande raccordo anulare della capitale. Nulla è stato fatto per i Campionati del mondo di calcio del 1990, nulla per il Giubileo del 2000, con l’eccezione di un sottopassaggio che rende fluido il traffico tra due quartieri dell’area nord di Roma.
Imbarazzante il confronto con le principali metropoli d’Europa, da Berlino a Parigi, a Barcellona, protagoniste di autentiche rivoluzioni urbanistiche. Il solo tentativo riuscito di restituire l’antica dignità a una capitale storica c’è stato a Torino in occasione delle Olimpiadi invernali. Ma anche qui, volendo proseguire nel suo progetto di sviluppo, un bravo sindaco come Sergio Chiamparino per poter costruire due grattacieli ha dovuto rinunciare ai voti della Sinistra arcobaleno, che è sua alleata di giunta, per incamerare quelli di Forza Italia e Alleanza nazionale.
Questa ampia premessa serve a dire che l’Expo 2015 di Milano è davvero l’ultima grande occasione per un paese in ginocchio che intenda rialzarsi. Il progetto di sviluppo di Milano è grandioso e va completato. Ma i 20 miliardi di investimento previsti dovranno avere un effetto moltiplicatore sull’Italia intera. Gran parte dei 30 milioni di visitatori attesi a Milano proseguiranno a Venezia, Firenze, Roma, Napoli, la Sicilia. L’auspicata rinascita di Milano non avrà senso se non sarà legata a quella dell’intero Paese. Ecco perché la battaglia con Smirne scompare rispetto a quella che gli italiani dovranno combattere con se stessi. I loro veti, la loro burocrazia, la loro attitudine al compromesso mediocre.
Qualche settimana fa, parlando dei rifiuti di Napoli, Newsweek ha scritto: l’Italia è ferma e guarda il mondo che le passa accanto. Fermi si muore.