GayExpo 2015

Un osservatorio sull'Expo 2015 e un luogo di proposte mirate al mondo Lgbtq in occasione dell'Expo.

Dossier de L'Espresso. Expo 2015: Operazione Stramilano.

Written by Redazione on 11:26

L'Expo 2015 è una grande occasione di rilancio per la metropoli lombarda. Cambierà volto e arriveranno circa 20 miliardi per infrastrutture e trasporti. Ecco chi ne trarrà benefici. E quali saranno i rischi.

(Enrico Arosio e Claudio Lindner - L'Espresso) Che bella Milano! Con la sua piccola Senna (il Naviglio) e i bateaux-mouche che ci portano dalla Darsena fino alle bandiere al vento dell'Expo. Il suo Central Park, non proprio centralissimo, ma con alcune decine di ettari di nuovo verde e percorsi pedonali e ciclabili collegati con il centro città. Le polveri sottili diminuite del 20 per cento. La città ripulita. Due nuove linee metropolitane, la 5 più a nord che collega Niguarda a San Siro, e la 4 sull'asse est-ovest che unirà Lorenteggio al Policlinico e in futuro raggiungerà (per la prima volta) l'aeroporto di Linate. Sarà tutto questo la Milano che l'Expo lascerà in eredità? Certamente è il sogno che si intravede nel megaprogetto preparato dalla squadra del sindaco Letizia Moratti per vincere la battaglia contro Smirne.

Un piano destinato a cambiare il volto della metropoli lombarda, a risollevarla da una depressione (più psicologica che economica) nella quale vive ormai da vent'anni, desiderosa di un riscatto post Tangentopoli, animata dalla voglia di pareggiare i conti con città beneficiate in altre circostanze, vuoi dal Giubileo, vedi Roma, vuoi dai Giochi olimpici invernali, vedi Torino. Efficace il paragone dell'epistemologo Mauro Ceruti, secondo cui Milano, "capitale mancata", rischia di avvicinarsi a certe città texane, Houston e Dallas, "senz'altro all'avanguardia economica e politica, ma non in grado di elaborare una 'cultura del luogo' che possa renderle attrattive su scala globale". Il contrario di New York e Londra.

Basterà l'effetto-Expo? "Sì", sembra suggerire l'euforia ambrosiana dopo il voto di Parigi. Una vittoria ottenuta grazie all'ostinazione dimostrata dalla Moratti e all'attento lavoro diplomatico del governo Prodi, con il sottosegretario agli Esteri, Bobo Craxi, in prima linea. Un entusiasmo trasversale e contagioso, nazionale e locale, guastato da poche frasi sgraziate di sapore elettorale (Ignazio La Russa: "Davvero bravi Letizia Moratti e Milano a superare i tanti ostacoli che il governo Prodi con il suo operato ha frapposto alla città per il successo dell'Expo"). Il giudizio più lusinghiero è arrivato dall'architetto americano Daniel Libeskind, il quale fors'anche suggestionato dalla commessa ricevuta (il quartiere City Life e il Museo di arte contemporanea) ha parlato di "Milano città aperta" e "democratica nel senso più profondo del termine". Scontato il'no' secco a speculazioni e colate di cemento pronunciato da Adriano Celentano sul suo sito.

Certo è che gli affari ipotizzati attorno alla superfiera sono colossali. Qualche cifra: investimenti per 4,1 miliardi di euro solo per l'area espositiva, i trasporti, gli alberghi, l'organizzazione, che salgono a 20 miliardi considerando le infrastrutture già decise prima e da realizzare in Lombardia, dall'autostrada Pedemontana alla Brebemi, dalla Tangenziale Est all'estensione della rete metropolitana a 140 chilometri entro il 2014. Un inatteso guizzo di vitalità è prevedibile per la declinante Malpensa, tradita da Alitalia e pronta ad accogliere parte dei 29 milioni di visitatori stimati.

Se la scossa economica è garantita, altrettanto certo è l'elenco di chi riuscirà a guadagnarci un bel gruzzolo di quattrini. A cominciare dai soliti noti, tra costruttori e immobiliaristi. Matteo Cabassi, quinto figlio di Giuseppe, chiamato negli anni Settanta El Sabiunat, è il padrone di casa. In luglio la società Belgioiosa, controllata dalla sua cassaforte Raggio di Luna, ha firmato un accordo con la fondazione Fiera Milano per la concessione in diritto di superficie al Comune di un'area di 750 mila metri quadrati (550 mila della Fiera, il resto dei Cabassi) sui quali saranno realizzate le opere dell'Expo. Il terreno oggi è a destinazione agricola, ma alla fine Cabassi si troverà 150 mila metri quadrati con un indice di edificabilità dello 0,60. Applaude Salvatore Ligresti, tornato grande mattatore del mattone milanese dopo il coinvolgimento in Tangentopoli, e che dall'Expo avrà buoni ritorni per gli effetti a cascata sui progetti City Life e Porta Nuova. Qualche vantaggio otterrà anche Luigi Zunino, promotore di Santa Giulia e dello sviluppo dell'ex Falck a Sesto San Giovanni, da qualche mese in difficoltà per i forti debiti. Tant'è che il titolo Risanamento ha avuto più di un sussulto in Borsa dopo la notizia della vittoria di Milano.

Così come in forte rialzo sono le azioni della Fiera Milano. I guru della finanza sono già all'opera sul 'portafoglio Expo' e segnalano inoltre buone prospettive per Impregilo e Astaldi, primi in Italia per le grandi opere, Autogrill, Italcementi e Buzzi Unicem, la Snai, sia per le scommesse sia per il fatto che possiede grandi aree attorno all'ippodromo di San Siro. E poi le banche, le aziende di energia, i gruppi alberghieri, le aziende di arredamento e chi più ne ha più ne metta.
Affari tanti, rischi altrettanti. La 'Milano da bere' ha lasciato il segno. Nessuno ignora i timori di assalto agli appalti, favoritismi, conflitti di interessi. Denunce pendono anche a Saragozza, in Spagna, per l'Expo di quest'estate. E tutti ricordano le inchieste della magistratura sugli stadi dei Mondiali di calcio 1990, le tangenti sui lavori pubblici delle Colombiane a Genova, le valigiate di mazzette pagate per le linee del metrò milanese e del Passante Ferroviario ai tempi del sindaco Pillitteri, le più recenti controversie sul piano parcheggi della giunta Albertini, il sospetto di appalti di favore su alcuni grandi cantieri della Regione Lombardia. Non c'è opera pubblica, in Italia, che non sia piagata da sospetti di bustarelle, gare pilotate, subappalti da manuale Cencelli (tot alle coop bianche, alle coop rosse, alla Compagnia delle Opere). Non tutto è da codice penale, ma molto è da paese incivile.

Nell'era del turbocapitalismo, infine, resta da chiedersi: quale idea di città sta dietro alla sfida dell'Expo? Una città dell'esclusione o dell'integrazione? Sarà il simbolo di una comunità affluente che espelle i soggetti deboli (giovani precari, anziani, immigrati) verso l'hinterland dei bassi affitti e dei cattivi servizi? O riuscirà la Milano del 2015 a parlare un linguaggio di democrazia urbana? Il sindaco Moratti, cui dopo la fatal Parigi si profetizza un diritto certo alla rielezione, dovrà presto, dopo il meritato riposo, tornare a occuparsi anche di cose piccole ma urgenti. A Milano mancano almeno 30 mila appartamenti di edilizia convenzionata, case dello studente, residenze per anziani a prezzi ragionevoli. Molte strade del centro sono piene di buche e lastre dissestate, la Darsena è una palude di fango. Le periferie soffrono per mancanza di socialità e sicurezza. Chinatown è inquieta e prepotente. C'è la polemica sui campi rom, con il cardinale Tettamanzi che parla di diritti violati. I vigili in strada sono pochi, i tassisti furbi troppi.

Insomma, l'Expo è bella ma lontana. E Letizia Moratti è attesa da molti qui e oggi, sul terreno scomodo della città difficile, dove le telecamere vanno malvolentieri.
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Snellire e accelerare
Colloquio con Angelo Provasoli
Angelo Provasoli, rettore dell'Università Bocconi, pesca nel passato e fa un parallelo con l'Expo che Milano organizzò nel lontano 1906. "Quella prima Fiera aveva come tema dominante i trasporti. Fu molto importante per lo sviluppo italiano, perché rafforzò i legami tra Milano, Torino e Genova e, favorendo la creazione del triangolo industriale, contribuì enormemente a trasformare il paese".

Professore, e l'Expo 2015 che valore aggiunto potrà portare?
"Rilancerà Milano come snodo cruciale verso l'Europa trainando l'economia italiana. A patto, naturalmente, che venga confermata l'armonia tra i vari livelli organizzativi, tra il settore pubblico (nazionale e locale) e quello privato. La squadra deve continuare a lavorare su progetti condivisi. Nessuno deve appropriarsi del progetto come singola istituzione o singola parte politica. Si metterebbe tutto a rischio".

Rischio di rinvii, ritardi o peggio?
"Sì, l'Expo è un progetto molto complesso, che tocca infrastrutture cittadine, extracittadine, stradali e non stradali. Mi pare indispensabile semplificare le procedure e fare in modo che le diverse autorità vengano coinvolte simultaneamente nei momenti decisionali evitando il più possibile di perdere tempo nei vari passaggi. Attenzione, non esautorare, ma coinvolgere con modalità rapide i diversi attori".

È possibile?
"Forse ci vorrebbe un supporto legislativo, una sorta di 'Legge per Milano', che da un lato garantisca la correttezza delle procedure e dall'altro favorisca una loro accelerazione. Sette anni sembrano tanti, ma sono pochi se si pensa a quali iniziative si vuole mettere in cantiere".

Il tema scelto è l'alimentazione e di questo si è finora parlato poco.
"Un tema credibile e di grande rilievo. L'alimentazione ha risvolti con la salute e l'ambiente, da qui possono nascere iniziative di ampio respiro e forte valore etico contro la fame nel mondo. È un settore trasversale che mobilita interessi legati alla ricerca, alla produzione industriale e al commercio".

Ne godrà vantaggi anche l'industria e quindi l'economia in generale?
"Il settore agroalimentare ha un'ottima occasione di rilancio anche sotto il profilo della ricerca tecnologica. Lo abbiamo visto negli ultimi mesi quanto fondamentali siano diventate alcune materie prime, per esempio i cereali destinati alla produzione di biocarburanti, come i prezzi siano aumentati in tutto il mondo e come diventino sempre più necessari provvedimenti e scelte per combinare meglio domanda e offerta. Senza dimenticare il profilo internazionale di questo settore e le nuove opportunità in campo diplomatico e di relazioni per Milano al di là dell'Expo".

Lei, rettore, sarà anche interessato ai vantaggi per il sistema universitario.
"Per tutti noi può diventare un volano importante. A Milano esistono 11 centri di eccellenza universitari, punti di riferimento per il dialogo culturale. La Bocconi ha già oggi l'8 per cento di studenti stranieri e una sessantina di docenti che vengono da fuori Italia, un processo che intendiamo rafforzare. Ma per arrivare a questo la credibilità scientifica non basta. Occorre una credibilità del paese che ospita. L'Expo 2015 può dare una mano concreta".
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Un patto per la città
Colloquio con Stefano Boeri
(Sabina Minardi) Stefano Boeri la mette sul motoristico: "L'Expo è un acceleratore. Un turbo per bruciare i tempi della modernizzazione in una società urbana frammentata e difficile da guidare". Docente al Politecnico di Milano, direttore di 'Abitare', fondatore dell'agenzia di ricerca Multiplicity, Boeri è un architetto leader tra i 'cinquantenni', e impegnato, tra l'altro, sui progetti di Porta Nuova del gruppo Hines e del Cerba di Umberto Veronesi.

Quali le opportunità e quali i rischi in una Expo col turbo?
"Il primo punto è la frammentazione delle élites. Se Barcellona e Torino, per i Giochi olimpici, hanno goduto di élites coese, a Milano la sfida è diversa. Le nostre eccellenze sono plurali, pensiamo all'editoria, la sanità, il design, la moda, la finanza, alcuni settori dell'informatica e delle università. Non c'è mai il protagonista unico: non nella medicina, dove c'è una forte presenza cattolica ma anche buona ricerca pubblica; non nella moda, dove i leader, nomi che tutti conoscono, giocano ognuno per sé, senza fare sistema. L'Expo obbligherà le migliori energie milanesi ad affrontare progetti condivisi, a spingere nella stessa direzione. A cominciare dalla politica".

La sfida del 2015 è una occasione unica per le infrastrutture urbane.
"Certo. Si potranno implementare le reti del trasporto pubblico, il verde, le energie sostenibili. Un disegno ambizioso sarebbe estendere la rete del metrò fino agli svincoli delle tangenziali, che formano l'anello esterno di Milano, con vere piattaforme di interscambio. Dobbiamo affrontare lo shock delle 650 mila auto che entrano in città ogni giorno. Si potrà estendere l'area dell'Ecopass. Ma occorrono decisioni forti: impedire lo sviluppo edilizio nell'Anello verde metropolitano, specie a sud e a ovest. Ci vuole un patto per la città. Un patto che prescriva: qui si può densificare, là si deve preservare".

Sarà arduo evitare l'assalto speculativo.
"Ma se vogliamo evitare un'Expo come autocelebrazione di un gruppo di eccellenze, dovremo evitare che si organizzi una casta di politici, immobiliaristi, banchieri (e mettiamoci anche gli architetti) libera di muoversi senza vincoli. I timori sono fondati, condivido l'auspicio dell'economista Marco Vitale: l'Expo sia un'occasione di democrazia urbana e di trasparenza. E aggiungo: un'occasione di coesione sociale e crescita culturale. Non solo padiglioni, grattacieli, maxischermi. Nuove scuole. Nuovi musei".

Qualcosa che resti ai cittadini.
"L'Expo non può essere una cattedrale mediatica che il giorno dopo si svuota, né una kermesse puramente promozionale. Si cita sempre Barcellona, ma attenzione: il Villaggio Olimpico ha funzionato, si è integrato nella città, il Forum 2004 no. Così a Siviglia: la città nuova lungo il fiume oggi è abbandonata, uno spreco di denaro e architettura".

Un'idea in più per Milano 2015? Qualcosa di cui non si è parlato?
"Sì. Entro il 2015 dovrà essere restaurata, riorganizzata e rilanciata Brera. La Pinacoteca è, per contenuti, di livello mondiale, paragonabile agli Uffizi, ma il mondo lo ignora. Brera per me non vale meno della Scala, né del Cenacolo di Leonardo. È una eccezionale risorsa inespressa. Spero che questa idea entri in circolo".
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E in cielo apparirà Leonardo
Il cielo sopra Milano avrà un Pantheon di sculture gigantesche, ma impalpabili come l'aria. Angoli e facciate della città cambieranno aspetto grazie a vernici termocromatiche. I padiglioni fieristici avranno pareti di vapore freddo pronte a diventare schermi di telepresenza. Attraverso occhiali a realtà aumentata, chi vorrà potrà scambiarsi informazioni con uno sguardo. Tutto vero? "E i bambini impasteranno i bit", aggiunge Vito Di Bari, docente alla Bocconi e al Politecnico di Milano, con un curriculum che segnala familiarità con i laboratori dove s'inscena il futuro. È lui l'Innovation Designer di Expo 2015, incaricato di interpretare le sfide della città in chiave digitale. Si parla di un budget di 100 milioni di euro stanziati dal Comune (altrettanti dovrebbero arrivare dai privati). Di Bari ha elaborato 25 progetti.
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Non esercizi retorici, possibilità tecnologiche d'appeal nel solo confronto con la città concorrente (il rating della sezione Expo digitale è stato 'eccellente'): ma scenari reali.

"L'Expo mette in mostra il futuro", spiega: "Lo sforzo è stato quello di definire oggi ciò che sarà innovativo nel 2015: individuare progetti sufficientemente testati da assicurarne la realizzazione. Ma sorprendenti fino all'ultimo". Il risultato (con l'occhio puntato su Shanghai 2010, per scartare le novità 'bruciate'), è un mix di soluzioni per promuovere la partecipazione, garantire sicurezza. Sollevare un lembo di futuro. "Ho cercato il punto d'incontro tra sogni e bisogni. La nostra Tour Eiffel? Sarà ecocompatibile, immateriale e con Rushmore, la montagna con i presidenti americani scolpiti nella roccia, come ispirazione: statue da 900 metri cubi d'aria di personaggi che hanno fatto grande Milano, da Leonardo a Verdi, comporranno il primo parco olografico del mondo". Sistemi di telepresenza favoriranno la partecipazione remota. Una Urban Tv, chioschi touch-screen, dati sul traffico, schermi per la città (il più grande al Castello Sforzesco) accompagneranno i visitatori. Sistemi di accesso biometrici agevoleranno il lavoro dello staff. E si proveranno nuovi modi di comunicare: graffiti impressi nell'aria consentiranno, grazie alla geolocalizzazione, di scambiarsi messaggi. Speciali occhiali permetteranno di vedere in sovrapposizione com'era prima un luogo. Una Virtual Playhouse, dalle parti di Piazza Duomo, darà ai bambini la possibilità di manipolare ologrammi. "Una verifica dei progetti sarà nel 2010, poi saranno realizzati", dice Di Bari. Ma coi bandi di gara si parte subito: per consentire agli sponsor di firmare la Milano che verrà.
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Diplomazia al velluto rosso
Colloquio con Stéphane Lissner
Da tre anni a Milano, casa in un angolo stupendo di Brera, professione sovrintendente della Scala. Va in ufficio percorrendo le vie care a Stendhal, e per un francese esigente non è così male. Stéphane Lissner ha tifato Italia per l'Expo. E sul piano delle relazioni internazionali ha dato, dice, il suo "modesto contributo".

Non poi così modesto, monsieur Lissner. La diplomazia scaligera c'è stata, e ha funzionato.
"Le farò tre esempi. La mia visita a Parigi a dicembre insieme al sindaco Moratti, Prodi e Formigoni, quando al Palais des Congrès ho potuto illustrare il rapporto tra la Scala, Milano e il mondo. La formidabile esperienza, la prima di un teatro occidentale nell'Africa subsahariana, del concerto della Scala ad Accra in Ghana, nel maggio 2007: la Nona di Beethoven con Barenboim in diretta tv, con il presidente della Repubblica e molti esponenti dell'Unione Africana. E l'evento dello scorso 7 dicembre, il 'Tristano' con cinque capi di Stato, ministri, diplomatici: la risonanza internazionale mi ha impressionato, una copertura mediatica globale, non mi era mai capitato. Aggiungo che per il 2011, 150 dell'Unità d'Italia, la Scala ha commissionato a Giorgio Battistelli un'opera nuova sul tema dell'ecologia ispirata al saggio di Al Gore".

La capitale economica non sempre è percepita per il suo ruolo di attrattore culturale. Lei dove vede i suoi punti di forza?
"Milano non è città turistica in senso classico, né ha la forma della capitale. La sorpresa è che nello spazio di un chilometro trovi due istituzioni di livello assoluto come la Scala e il Teatro Strehler. Inoltre la Triennale è stata per me una vera scoperta, con diverse mostre di livello molto alto. La vita musicale è ricca, ma poco coordinata. L'Orchestra Verdi soffre di problemi economici; Quartetto, Settembre Musica, Pomeriggi musicali offrono alta qualità ma senza che l'offerta complessiva risulti ben leggibile. Stupisce però che Milano offra tanta cultura malgrado i contributi pubblici insufficienti".

Le amministrazioni di centrodestra, in Italia, per la cultura spendono meno di quelle di centrosinistra. E in Francia?
"Anche in Francia. In tutta Europa. Ne ho fatto esperienza dove ho lavorato, in Spagna, in Austria, e vale anche per la Germania che conosco bene".

Dove, invece, secondo lei l'offerta culturale milanese è migliorabile?
"La danza moderna è poco presente. E la situazione del cinema mi ha molto deluso: poche sale, pochi film in lingua originale, troppe proposte di qualità mediocre. C'è più offerta di cinema, mi creda, in una città come Lione".

Dove si aspetta che l'Expo possa davvero incidere sulla città?
"Mi aspetto che rilanci il tema della qualità ambientale, oltre alla salute e all'alimentazione; che aiuti Milano a superare le sue due vere emergenze: traffico e qualità dell'aria. Con l'Ecopass il sindaco Moratti ha mostrato coraggio, non era facile".

Come giudica i livelli di integrazione tra comunità diverse?
"L'immigrazione è un fenomeno più recente che altrove. Le comunità mi paiono ancora separate, ognuna fa per sé. Ma sul piano della convivenza i milanesi sono piuttosto generosi".

E come si mangia a Milano?
"Aaah. Troppo. Ma bene".
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I NUMERI DELL'EXPO

29 milioni sono i visitatori previsti

120 i paesi espositori

1,1 milioni di mq la superficie dell'area Expo a Rho-Pero

8 i padiglioni aperti al pubblico

4,1 miliardi gli investimenti previsti: 3,22 miliardi per infrastrutture e 892 milioni per l'organizzazione e la gestione

70 mila i nuovi posti di lavoro

36 mila i volontari per l'accoglienza

200 metri l'altezza della Expo Tower

8 i padiglioni aperti al pubblico

8 mila mq di ristoranti

2.500 mq di negozi

9 mila mq la superficie dell'anfiteatro che verrà costruito in Piazza Italia

6 mila mq la superficie dell'auditorium

138 milioni il costo della Cittadella del gusto, con alberghi, ristoranti e centro di ricerca

7 mila gli eventi previsti in sette mesi tra arte, teatro e scienza

Milano, festa grande per l'Expo. Bagno di folla per Letizia Moratti dopo il verdetto di Parigi.

Written by Redazione on 06:50

(Cronaca qui) Erano 500mila, fra milanesi e non, le persone che quest'oggi hanno affollato da mattina a sera il cuore del commercio cittadino, Corso Buenos Aieres.

La bella giornata di sole ha coronato a dovere i festeggiamenti per l’assegnazione a Milano dell’Expo 2015: 10 miliardi di euro di investimenti per circa 40 milioni di visitatori previsti.

Non poteva mancare il sindaco di Milano Letizia Moratti, che nel suo discorso alla città ha ringraziato tutti (il Governo, la Giunta, la maggioranza e l’opposizione) per aver contribuito a questa opportunità di sviluppo e modernizzazione.

“Milano città aperta”, dunque, che dedica l’Expo ai bambini, i giovani di domani, i veri depositari della Milano che verrà. Con una promessa, però: che l’Expo non sarà solo cemento.

E che l’Expo sia di tutti e per tutti: la Milano multietnica e la Milano che produce, la Milano dell’Ecopass e quella che ha fatto il tifo per Smirne.

Un po’ come la festa: tutti insieme in canti, balli, danze folkloristiche e bancarelle dei sapori tipici lombardi, siciliani, toscani, liguri.

Perché questo è quello che si aspettano tutti: prima, smaltire la sbornia dei festeggiamenti e poi cominciare, di nuovo, a rimboccarsi le maniche.